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La fatica di Pesaola per la convivenza di Sivori e Altafini, Omar non gliela passava mai

Fiore lo comprò dal Milan, i tifosi rossoneri lo chiamavano “coniglio”. Eppure a Palermo finì a processo per il gesto dell’ombrello ai tifosi siciliani

La fatica di Pesaola per la convivenza di Sivori e Altafini, Omar non gliela passava mai

A quei tempi felici di gloria e baldoria, a metà degli anni Sessanta, José Altafini arrivò all’aeroporto di Capodichino con duemila tifosi in attesa delirante. Aveva 27 anni. Dopo sette stagioni nel Milan, Viani lo accusò di scarso coraggio e dai tifosi milanisti si prese l’epiteto di “coniglio”. Con una trattativa durata un’ora e 40 minuti, il presidente del Napoli Roberto Fiore l’ottenne da Felice Riva, presidente del Milan. Costo: 280 milioni con la clausola che il Napoli non l’avrebbe mai ceduto all’Inter.

Brasiliano di Piracicaba, nello stato di San Paolo, Josè era stato riserva di Pelè ai Mondiali del 1958. Venne a Napoli a far coppia con Sivori. Pesaola dovette sudare per farli andare d’accordo. Omar non passava mai la palla a Josè.

Con Altafini, burlone e battutista irresistibile, arrivò nel Napoli l’allegria. Alla vigilia del match con la Juve di Heriberto, che aveva cacciato Sivori, Altafini rassicurò l’argentino che era molto nervoso: “Tranquillo Omar, segno al 13’ e vinciamo la partita”. Segnò al 23’ e, dopo la gara, il mattacchione brasiliano disse a Sivori: “Scusa il ritardo, mi ero dimenticato l’orologio nello spogliatoio”. Sivori, di rimando: “Ma allora non sei un coniglio”: E Josè: “Sono un centravanti prudente”. E allora Sivori disse: “Ti voglio così bene che porto sempre con me una tua fotografia”. E gli mostrò una scatoletta di fiammiferi di “Playboy” con sopra le celebri conigliette.

Nel 1969, allo stadio “La Favorita” di Palermo, beccato in continuazione dal pubblico, segnò su rigore il 2-2 e fece il gesto dell’ombrello ai tifosi palermitani. Il Napoli vinse poi 3-2 e successe il finimondo. L’arbitro Sbardella lasciò lo stadio in elicottero, il Napoli sui “cellulari” della polizia. Quaranta palermitani querelarono Altafini. Al processo, il pubblico ministero chiese 20 giorni di reclusione per Josè: atti contrari alla decenza in luogo pubblico.

A Stoccarda, in una partita di Coppa delle Fiere, martirizzato da un difensore tedesco si defilò all’ala destra. Avuta la palla, e vedendo l’avversario venirgli addosso da lontano come una furia, spostò il pallone con un piccolo tocco e, con la mossa elegante di un torero, evitò l’entrataccia a piedi uniti del tedesco gridando “olè”. Lo stadio scoppiò in una sonora risata e applaudì Altafini a lungo.

Lasciò il Napoli dopo sette anni, 180 partite e 71 gol. Accettò, l’ultimo anno, un contratto a gettone con la promessa di Ferlaino di lasciarlo poi libero. Andò alla Juve e col famoso gol di “core ‘ngrato” segnò negli ultimi minuti il gol decisivo del 2-1 juventino nella stagione 1974-75 in cui il Napoli di Vinicio salì a Torino per giocarsi lo scudetto.

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