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Gino Paoli: «A Sanremo nel ’61 dimenticai di togliere gli occhiali della Standa, divennero di moda»

Il cantautore racconta a Repubblica del suo personale lockdown autoimposto: «Meglio stare a casa che andare in giro per incontrare degli imbecilli»

Gino Paoli: «A Sanremo nel ’61 dimenticai di togliere gli occhiali della Standa,  divennero di moda»

Gino Paoli si racconta a Repubblica dalla sua casa sulle alture di Nervi da cui non esce mai, si è autoimposto un lockdown personale al quale preferisce non trasgredire

«Il Covid non mi spaventa perché sto a casa. Mia moglie mi dice di uscire, ma per incontrare in giro degli imbecilli preferisco starmene qui. La nazione è fatta da una maggioranza di stupidi, persone incapaci di pensare con la propria testa che si fanno condizionare dai mezzi di informazione».

È l’inverno più lungo della sua vita non potendo lavorare come è sempre stato abituato a fare nella sua vita. I ricordi delle migliori stagioni della carriera servono almeno ad alleggerire il clima pesante di questo periodo, come quello del Sanremo del ’61

«Ricordo che mi presentai in teatro per una pre-esibizione o qualcosa del genere e all’ingresso il portiere non mi fece entrare per com’ero vestito. Sarei potuto tornare in albergo ma gli risposi che io lì dentro ci entravo come diamine mi pareva. Alla fine intervenne la casa discografica e trovarono la soluzione. Però a quel Sanremo cantai vestito come volevo io. Non misi lo smoking né la cravatta. Avevo una giacca e la camicia.

L’unica stranezza, per così dire, erano gli occhiali che avevo comprato alla Standa e che poi diventarono di moda in quel periodo. Mi ero dimenticato di togliermeli prima dell’esibizione»

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