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Ci sono 250 milioni di differenza tra il presunto prezzo e il valore percepito della rosa del Napoli

Si acquista in base al valore percepito, non in base a un presunto valore di mercato. Ecco perché le tabelle sul valore della rosa, non significano nulla

Ci sono 250 milioni di differenza tra il presunto prezzo e il valore percepito della rosa del Napoli

Ritorno sull’argomento: la rosa del Napoli non vale circa 600 milioni di euro!

La valutazione di transfermarkt.it, utilizzata, strategicamente o per assoluta ignoranza della materia, da chi deve produrre una narrazione coerente con la linea editoriale scelta, NON è assolutamente reale.

Per due motivi.

Il primo attiene ad un concetto economico e ne parleremo oggi, il secondo ad un concetto contabile che affronteremo la settimana prossima.

Vi chiedo una cortesia, però: se vi è possibile leggetevi dapprima quanto scritto la settimana scorsa in merito ai principi contabili (fair value, criteri di ammortamento, net book value) su cui si basa la redazione del bilancio di una società di calcio. Per evitare malumori, incomprensioni e volgarità dettate dal tifo che annebbia (etimologicamente deriva dal greco tŷphos : fumo, nebbia, febbre) e/o dalla ignoranza di una materia abbastanza complessa.

Fatta la premessa veniamo a noi.

Innanzitutto la valutazione del sito specializzato attiene al valore di mercato, cioè il prezzo immaginato come punto di equilibrio tra domanda e offerta. Il mercato è un luogo di scambio tra persone alla ricerca di un bene e altre persone disposte a cedere quel bene in cambio di denaro. Le prime formano la domanda, le seconde l’offerta. Ma devono esserci entrambe!

Capire come funzionano i mercati, quindi, ci permette di capire anche le dinamiche del nostro vivere quotidiano nei diversi contesti in cui ci troviamo a vendere o ad acquistare beni e servizi.

Potremmo semplificare il concetto di mercato descrivendolo come l’insieme di tutti gli scambi che avvengono per un determinato prodotto. Ipotizziamo di voler comprare un paio di scarpe. C’è chi va in un negozio griffato, chi in un centro commerciale e chi anche in un mercatino rionale per negoziare con chi vende scarpe. Individuato il venditore si possono realizzare la vendita e l’acquisto, a patto che vi sia accordo sul prezzo con cui scambiarsi le scarpe, altra componente fondamentale del mercato, oltre alla domanda-offerta e allo scambio.

Il prezzo è la sintesi di uno scambio commerciale. La somma di tutti questi scambi formano il mercato di un bene e ne determinano il prezzo medio di acquisto o di vendita. In pratica è come se, prima di effettuare la transazione, tutti quelli che si scambiano uno stesso bene dessero un’occhiata agli altri attori per capire se il prezzo del loro scambio è in linea o meno con il prezzo medio di mercato, ed eventualmente lo adeguano.

Ciò significa che a stabilire il prezzo saranno le interazioni tra tutti quelli che offrono il bene in questione (offerta) e tutti quelli che vogliono comprarlo (domanda) in un determinato periodo. Ed è qui che nasce una legge fondamentale dei mercati, ovvero la legge della domanda e dell’offerta.

Quando in un mercato ci sono troppe persone che offrono un bene rispetto a quanti lo vogliono comprare, il prezzo di quel bene scende, poiché gli offerenti entrano in concorrenza tra loro e abbassano i prezzi per venderlo prima degli altri. Quando invece è la domanda a essere superiore all’offerta, ecco che il prezzo sale, perché per accaparrarsi il bene prima degli altri gli acquirenti offrono un prezzo più alto.

Il prezzo di un bene, dunque, lo si può considerare come lo specchio degli scambi, una sintesi perfetta delle richieste di acquisto e di vendita che avvengono sul mercato. Detta in altri termini, in un determinato momento la maggior parte di chi vende e di chi acquista un determinato prodotto è disposta a farlo a «quel» determinato prezzo.

Ora, ritornando al Napoli, sebbene in meno di una settimana il valore della rosa, secondo il sito specializzato, sia sceso di 22 milioni di euro (da 587,5 mln a 565,5 mln), voi pensate che ci sia una domanda (acquirenti) per i calciatori del Napoli che potrebbe accettare un prezzo di 565,5 milioni di euro? E pensate che il venditore (De Laurentiis) li cederebbe a quel prezzo portando a casa una plusvalenza di bilancio (ne parliamo la settimana prossima) oltre 250 mln di euro?

Alt! Non rispondete subito perché c’è un altro aspetto da prendere in considerazione: che cosa spinge una persona a comprare o meno un bene? E perché proprio a quel prezzo?

Le decisioni di acquisto o di vendita di un bene sono soggette a molteplici variabili. Dovete infatti sapere che sui mercati il prezzo va distinto da un altro concetto molto importante: il valore.

Un bene o un servizio (i calciatori sono beni che offrono servizi) hanno dunque un prezzo e anche un valore. Mentre il prezzo è un dato oggettivo, pubblico, noto a tutti, il valore è soggettivo, emotivo, cambia di luogo in luogo e può assumere entità differenti a seconda delle persone coinvolte nello scambio o del metodo usato per determinarlo.

Il valore, dunque, è legato alla nostra percezione delle cose, per questo si parla spesso di «valore percepito». Un dipinto, per esempio, potrebbe avere un valore inestimabile per me, tanto che sarei disposto a pagare milioni per averlo, ma un’altra persona potrebbe ritenere una follia pagarlo anche solo mille euro.

Questo comportamento asimmetrico è dovuto, oltre che alle diverse percezioni del valore, anche alle differenze culturali, geografiche, religiose, sociali che ognuno di noi si porta dietro. Ecco perché a volte il valore percepito di un bene non coincide con il suo prezzo.

Il valore di un bene o servizio lo decidiamo noi in ragione dei nostri bisogni, dell’utilità che gli attribuiamo, dei benefici che può procurarci e persino dell’emozione che proviamo nell’acquistarlo o nel venderlo. Il prezzo, invece, lo determina il mercato.

Quando operiamo in un mercato come acquirenti confrontiamo il valore percepito con il prezzo di mercato. Ed è qui che scatta la scintilla:
• Se il nostro valore percepito di un bene o servizio sarà superiore al prezzo richiesto dal mercato, avremo la sensazione che sia un affare e lo acquisteremo.
• Se il nostro valore percepito sarà identico al prezzo di mercato, avremo la sensazione che il prezzo sia adeguato e compreremo comunque.
• Se invece il nostro valore percepito sarà inferiore al prezzo di mercato, avremo una sensazione di ingiustizia e non acquisteremo

Ora voi ritenete che chi dovrebbe acquistare la rosa del Napoli a 565,5 milioni di euro abbia la percezione che stia facendo un affare?

Acquisterebbe Koulibaly a 60 milioni di euro così come lo avrebbe acquistato al valore di 100 milioni di qualche tempo fa?

Oggi qualcuno sborserebbe 17 milioni per Petagna?

Come mai per Milik abbiamo poi accettato “solo” 8 milioni di euro se la valutazione di mercato era nettamente superiore?

Sono certo della vostra risposta.
Parlo di ciò che conosco, solo di questo: di ciò che conosco. Per il resto (tecnica e tattica) taccio.
Alla prossima.

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