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Una volta il lutto durava quaranta giorni

Ho apprezzato più di ogni altra cosa il tributo di Bruno Conti a Maradona e a noi napoletani. Sono triste per la solitudine in cui è morto

Una volta il lutto durava quaranta giorni

Una volta il lutto durava quaranta giorni. Era un momento anche di meditazione oltre che di ricordo e rispetto del morto. Chi era credente si appartava nelle preghiere. Era usanza il rosario a casa delle donne della famiglia.

Con Maradona un po’ tutti riviviamo ricordi di lutti vissuti nella nostra infanzia. La meditazione oggi sono quei pensieri che si propongono da soli. Sono due che vanno e vengono nei miei.

La forza della volontà che sposta le montagne. Con Diego e il Napoli vincitori, due scudetti e il trofeo europeo, potevamo mostrare il petto, il nostro orgoglio, il nostro riscatto. C’erano altri valori, allora. Le curve erano pezzi di Napoli, famiglie, bambini cresciuti a pastasciutta e Maradona. Le frittate sulle spalti. O ciuccio e il giro di campo.

La violenza era bandita, gli ultrà non erano una cattiva parola. Lo stadio era lo stadio non il Colosseo.

Vorrei tanto che non avessimo più nemici ma fratelli avversari. Ho apprezzato più di ogni altra cosa il tributo di Bruno Conti a Maradona e a noi napoletani. Inginocchiato davanti all’altare laico dei Quartieri Spagnoli.

Per Ciro Esposito la giustizia terrena ha fatto il suo dovere. Toccherà poi a quella divina. Perché cercare ancora vendetta? non vi bastano i cinquantamila e oltre di morti per Covid?

L’altro pensiero che mi annega nella tristezza è la solitudine di Diego Armando Maradona. Provo pietas. Era già  accaduto con uomini e donne del mondo dello spettacolo morti in solitudine, devastati dalle “sostanze”. E gli affetti? Mi chiedo perché la “Mano de dios” si sia lasciato andare. Non abbia avuto la forza di rialzarsi. Ha lasciato un mondo di orfani. Tocca a noi onorare la sua memoria.

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