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L’Italia si sta accorgendo del bluff De Luca

Dall’Huffington Post a Libero: sotto il lanciafiamme, niente. La Regione Campania completamente impreparata alla seconda ondata

Quello che Libero incarta come “Canta Napoli e si infetta” sul più sobrio Huffington Post, a firma Alessandro De Angelis, diventa “Vincenzo De Luca, la realtà che rompe il format”. Che sono due macroscopici esempi di rassegna stampa sulla Campania in piena crisi epidemica: l’Italia si sta accorgendo – col ritardo con cui si muove per tutto il resto – del bluff del Governatore sceriffo. Le metafore sono le sue, e ora che la situazione del contagio è sfuggita di mano, gli si rivoltano contro: è la natura, se non la politica. Il “lanciafiamme”, titola appunto Libero non senza ragione, “fa cilecca”.

Scendono in campo le prime firme, il caso “Napoli” acquista ogni giorno che passa rilevanza nazionale. Su Repubblica la Campania è richiamata in prima pagina, e ha pagina 4 dedicata. La “nuova Lombardia” è una sollecitazione giornalistica che più di un fondamento.

Quello che sta crollando è il “format” De Luca, come lo chiama il vicedirettore dell’Huffington Post nel suo pezzo: “lanciafiamme da usare per sgomberare la feste di laurea, pastiere da preparare per non uscire, confini da chiudere, suggestioni indipendentiste, monologhi, paternalismo, l’uno che parla per tutti, in una fase di emergenza in cui la competizione è tra i tanti “uno” che parlano per tutti”.

La “narrazione del pugno di ferro, degli attributi, del decisionismo che ha consentito, di fronte al default primaverile del nord, di monetizzare un successo anche in termini elettorali, e poco importa che, tanto un dettaglio non è, il lockdown fu una misura nazionale, prima ancora che campana. Ecco, di un potere che nell’emergenza ha trovato un cemento e una racconto. Il problema è che, al dunque, la realtà prima o poi squarcia sempre il velo di Maya della rappresentazione”.

In Campania i posti di terapia intensiva disponibili sono 108 con 55 già occupati. I posti letto di degenza generica sono invece 665 (occupati 550). E il 59% dei nuovi casi è nel napoletano: 10.655 positivi tra la città e la provincia.

Forte del suo trionfo elettorale, De Luca ora si sente onnipotente. Che è la peggior condizione possibile per un politico. In realtà non solo per un politico. È convinto di dover scegliere lui il candidato alla poltrona di sindaco di Napoli. Ma sta sottovalutando quel che sta accadendo sotto i suoi occhi. Nella politica, gli equilibri possono spostarsi rapidamente. Le comunali a Napoli saranno in primavera e il peso di De Luca dipenderà da come uscirà dall’autunno e dall’inverno del coronavirus.

Ovviamente su di lui si sono accaniti anche “quelli di Libero”. Ma loro fanno rumore. Filippo Facci, ad esempio, fedele alla linea degli eccessi, chiama in causa addirittura la sifilide che in Francia chiamano ancora “mal napoletano”, per giocare sul “vicerè borbone Vincenzo De Luca”, il quale “sfotticchiando le regioni nordiche, invocandone la chiusura e trattando il Covid come un prodotto forestiero” diceva che “con la sua pistola da sceriffo – anzi, il suo bazooka – avrebbe fermato il Covid al confine della contea”.

“Beh, è andata male, perché la Campania comincia seriamente ad assomigliare a quella Lombardia che De Luca tanto criticava: ma non certo nella qualità sanitaria”.

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Stavolta non è il solito attacco vendicativo del giornale di Feltri, che dalla primavera s’è lanciato in una stramba campagna sulla “questione settentrionale”. I toni restano quelli, ma la sostanza è sotto gli occhi di tutti ormai: la Campania è il centro della nuova ondata italiana, checché ne dica De Luca. 757 positivi nelle ultime 24 ore, con 9.925 tamponi analizzati.

Al dunque De Luca sta venendo meno: ha ceduto all’industria dei matrimoni, impaurito dall’emigrazione dei ricevimenti fuori regione, rimangiandosi ad hoc le restrizioni. È ad un passo dal dare ragione al movimento anti-scuola delle “mamme italiane” (nell’accezione più violenta, quelle napoletane): il più pericoloso nemico contemporaneo della democrazia.

Libero ovviamente ne fa anche una questione di diseducazione endemica, ed un certo punto tocca chinare il capo e cospargersi di cenere. Condannando “l’atteggiamento leggero e fatalista” delle mascherine messe e non messe, mal sopportate o snobbate proprio, vissute come l’ennesima imposizione calata dall’alto sinché passerà ‘a nuttata”.

“La superstiziosa Napoli dovrà evitare che il karma delle battute di De Luca contro le regioni nordiche («Milano non si ferma, Bergamo non si ferma, alla fine si sono fermati a contare i morti») gli ricada addosso beffardamente. Il dramma sarebbe se la Campania, ora, si trasformasse in una nuova Lombardia senza notoriamente esserlo”.

“Quando tutto questo incubo sarà finito – chiosa l’Huffington – apriremo il dibattito su quanto alcuni sedicenti campioni della lotta al populismo assomigliano al populismo“.

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