ilNapolista

Le scuole aperte diminuiscono i contagi, quelle chiuse distruggono l’economia del futuro

L’economista Sabatini su Internazionale: gli studi dimostrano che in Germania, con tracciamento e isolamento fatti bene, le scuole aiutano a contenere l’epidemia

Le scuole aperte diminuiscono i contagi, quelle chiuse distruggono l’economia del futuro

“Non ha senso sacrificare la scuola, un’istituzione fondamentale per lo sviluppo del paese e il benessere delle persone, per salvare (temporaneamente, peraltro) attività a basso valore aggiunto come quelle che, almeno in Italia, si è scelto di privilegiare finora”.

La conclusione a cui arriva su Internazionale l’economista Fabio Sabatini non è un concetto dirompente, c’eravamo arrivati persino noi del Napolista: è buon senso. Ma il ragionamento che c’è dietro, la metodologia per dimostrare che il buon senso si basa su elementi più concreti, come autorevoli studi scientifici, sì. Sabatini in sintesi estrema evidenzia due cose: le scuole aperte, dove il tracciamento e isolamento rapido non sono lasciati al caso come in Germania, aiutano a contenere l’epidemia invece che a diffonderla; l’impatto economico della chiusura degli istituti sul lungo periodo è perfino superiore a quello dovuto alla riduzione del reddito dei genitori a causa dalla crisi attuale.

Insomma la scuola fa bene, alla salute e all’economia. Chiuderla come prima misura attuabile, come ha fatto De Luca in Campania, è una mossa sventata e miope. In Europa, dove pure sono già partiti coi lockdown, la scuola è tra le poche cose che non chiude.

“In Germania tre ricercatori dell’Institute of labor economics di Bonn hanno stimato l’effetto della riapertura delle scuole sulla diffusione del covid-19, approfittando del fatto che i länder cominciano l’anno scolastico in date diverse. Quelli dove le scuole non erano ancora state riaperte al momento della ricerca hanno funzionato da gruppo di controllo. Le stime suggeriscono che la riapertura delle scuole abbia causato una diminuzione dei casi statisticamente significativa. Secondo gli autori la riapertura potrebbe aver contribuito a contenere l’epidemia, anziché accelerarla. Tre settimane dopo la riapertura, i casi confermati sono diminuiti di 0,55 ogni 100mila abitanti”.

Anche Sabatini sa bene che l’Italia non è la Germania, e che lì “le scuole hanno riaperto in condizioni molto diverse”: “senza l’adozione di misure di sicurezza, la scuola favorisce la diffusione delle malattie simil-influenzali”, “ma mascherine, igiene e distanziamento possono neutralizzare il problema”. Ma almeno in Germania “la riapertura delle scuole ha provocato un drastico cambiamento nel comportamento dei genitori, che sono diventati più prudenti”. E non perché i tedeschi sono buoni e bravi e gli italiani dei cialtroni poco seri, ma molto più pragmatici sì: “contagiarsi ha un costo più elevato, perché comporta l’esclusione dei figli dalle classi e la perdita di ore di apprendimento (per i figli) e di lavoro (per i genitori)”.

In Italia non va così, ma l’analisi empirica compiuta da Salvatore Lattanzio dell’università di Cambridge descritta su lavoce.info, dice che nell’ultima settimana i contagi sono aumentati significativamente nelle regioni che hanno riaperto la scuola per prime. Ma anche che la correlazione “non fotografa necessariamente un nesso causale. Per esempio, le regioni che hanno riaperto le scuole per prime sono quelle in cui le attività economiche sono più intense, i trasporti più capillari, le interazioni sociali più continue e il clima più freddo: tutti fattori che possono incidere negativamente sul contagio”.

La Germania “sembra aver gestito meglio la distribuzione del carico della riapertura sui trasporti pubblici e i protocolli di accoglienza nelle strutture scolastiche, il tracciamento dei contatti dei casi positivi e il rispetto delle regole fuori dagli edifici scolastici. Misure relativamente poco costose che richiedono soprattutto capacità organizzativa e coordinamento tra gli enti locali”.

Di nuovo: la chiusura della scuola “alla De Luca” è in questo senso una resa, non siamo capaci di far funzionare tracciamento e isolamento e quindi chiudiamo.

Quest’approccio ha delle conseguenze che cozzano col comune sentire: difendiamo l’economia tenendo aperti gli esercizi commerciali. E invece no: siamo delle cicale. Le formiche terrebbero in piedi la formazione dei giovani, proprio perché “conviene”.

“In genere, ogni riduzione dell’orario scolastico ha effetti negativi sulle abilità cognitive degli studenti, sulla probabilità di abbandono scolastico, di iscrizione all’università e di trovare lavoro, sul livello del salario in età adulta e sulle mansioni svolte sul posto di lavoro, nonché sui risultati scolastici degli eventuali figli degli attuali studenti”.

In un lavoro pubblicato sul Journal of Labor Economics, David Jaume e Alexander Willén hanno stimato l’effetto dei giorni di scuola persi a causa degli scioperi degli insegnanti sulla performance degli studenti nel mercato del lavoro in Argentina: con una perdita di 88 giorni di scuola in tutto riduce i guadagni degli studenti del 2,99% una volta raggiunta un’età fra i trenta e i quarant’anni e aumenta la probabilità di essere disoccupati dell’11,44 per cento rispetto alla media.

“La letteratura economica lascia pochi dubbi sull’impatto negativo della chiusura della scuola sulla vita futura degli studenti e sull’inasprimento permanente delle disuguaglianze. Per tornare alla pandemia in corso, un team di ricercatori delle Università di Francoforte e della Pennsylvania hanno stimato che la chiusura delle scuole dovuta al nuovo coronavirus porterà a una sostanziale riduzione del benessere degli studenti, quantificabile in una diminuzione media permanente dei loro consumi dello 0,65 per cento. Questo effetto è perfino superiore a quello dovuto alla riduzione del reddito dei genitori a causa dalla crisi, e riguarda soprattutto i figli dei genitori meno abbienti”.

Le conclusioni di Sabatini sono scontate, ma evidentemente per chi ci governa no:

Prima di chiudere la scuola bisogna valutare ogni intervento alternativo possibile. Come il potenziamento dei mezzi pubblici, lo scaglionamento degli orari scolastici, la chiusura di attività alternative meno controllabili e meno rilevanti per l’economia nel lungo periodo, il potenziamento della capacità di testing e di tracciamento dei contatti, il controllo del rispetto delle regole dentro e soprattutto fuori dagli edifici scolastici (dove gli studenti più grandi faticano a non assembrarsi e a portare la mascherina)”.

ilnapolista © riproduzione riservata