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De Luca chiude le scuole mentre fuori è tutto un aperitivo

Si genuflette a tutti, il lanciafiamme lo usa solo con l’istruzione. E da oggi tamponi solo con la prescrizione del medico. Addio asintomatici, il dato sarà drogato

De Luca chiude le scuole mentre fuori è tutto un aperitivo

Quando la situazione si fa brutta, ma brutta davvero, il portone della scuola è quello che chiude per ultimo. Chiuso quello, fuori c’è la guerra. Quel portone in Campania è già chiuso. E lo sarà per almeno 15 giorni. Fuori però è tutto un aperitivo. Non le barricate, le trincee o i carrarmati in strada. I bar.

I locali sono aperti. I ristoranti sono aperti. I genitori indignati recitano il bollettino dei contagi all’ora dello Spritz, poi tornano a casa e annunciano ai figli che domani non si va a scuola. Ma i figli sono già usciti, come al solito, e stanno in piazzetta a limonare.

La scuola è un simbolo. La scuola è l’educazione. La scuola è la riproduzione del futuro, è un investimento a vincere spacciato per vuoto a perdere dai governi che non sanno governare. E la scuola, anche se c’è una pandemia in corso, resta aperta finché si può. Perché una scuola aperta vale più di mille arzigogolati decreti, buoni solo per i feticisti della burocrazia. Detta alla popolazione le priorità. La linea. La scala dei valori. L’orizzonte.

La scuola, in uno Stato che sa quel fa, non chiude. Mai. E se chiude significa che prima s’è tentato tutto e il contrario di tutto per tenerla aperta.

Il problema sono i mezzi pubblici ingolfati? Ragioni e moduli gli orari scolastici. Senza dimenticare che alle elementari e spesso anche alle media la maggioranza ci va a piedi. Metti tutti in smart working. O ancora meglio: spendi i mesi passati al mare a fare karaoke e guantanamera rovinandoti il bilancio regionale per comprare treni e bus, per assumere autisti. Ti indebiti per potenziare le terapie intensive, sprecando pur di tenerle efficienti e vuote, assumendo il personale che sia pronto a lavorarci quando la seconda ondata arriverà.

Perché che sarebbe arrivata, lo sapevano tutti. C’erano studi dei più autorevoli istituti di ricerca del mondo che ci descrivevano quest’autunno che in fine sta arrivando. Il Mit di Boston. Harward. La Columbia.

E invece l’Italia ha svenduto due anni scolastici per due mesi di villeggiatura spensierata. Rincorrendo i poveri balneari che si raccontavano con le pezze al culo. L’indotto della ristorazione, l’indotto del turismo, l’indotto dei venditori di cocco sulle spiagge. Per garantire agli italiani il loro sacrosanto diritto costituzionale di andare al mare. Perché fa caldo, perché è agosto. Altrove, nell’Europa ugualmente devastata dallo stesso virus – non un altro, lo stesso fetentissimo virus – a giugno hanno riaperto le scuole chiuse nel lockdown primaverile. A giugno. In Italia no, “perché è estate”, “fa caldo”, “abbiamo prenotato in Puglia”. In Italia il governo ha distribuito il “bonus vacanze”.

E mentre blaterava di “convivere con il virus” isolando tempestivamente solo i focolai, lasciava che dall’unico enorme focolaio italiano – la Lombardia – sciamassero i “turisti”. Quel che è stato poi, in Sardegna per esempio, lo abbiamo visto subito. E qui, in Campania, lo vediamo adesso.

Intanto il portone della scuola è rimasto chiuso fino a settembre. E poi a settembre è rimasto chiuso perché in molte regioni o città c’erano le elezioni. E poi è rimasto chiuso perché bisognava sanificare le aule. E poi – olé – a Napoli è rimasto chiuso perché c’era vento.

Il portone delle scuole campane è chiuso. Ed è la prima cosa che Vincenzo De Luca ha scelto di chiudere. L’unica, per ora. Ah no… ha chiuso il lungomare ai runner, gli untori della prima ora che parevano essere stati riabilitati, ma vabbé. Gli. stessi bambini, peraltro, sono liberi di contagiarsi facendo sport. E poi ha vietato le pizze da asporto dopo le 21. La scuola come una marinara in seconda serata, questo è.

Ha scelto, De Luca, di dettare ai suoi elettori – che pure l’hanno prima idolatrato e poi votato a piene mani –  le sue priorità: innanzitutto l’aperitivo. Poi, “distanziati”, la scuola, l’educazione, la cultura, il sapere, i giovani, il futuro. Tanto loro non producono reddito. E’ una mossa “facile”. La prima cosa che ti viene in mente. Anche se appena 5 giorni fa hai detto che la scuola “non è un problema”: “Non c’è una situazione critica che riguarda le scuole”.

Lo dicono persino i dati del Ministero: in Campania ha solo lo 0,75% di studenti positivi. La media nazionale è 0,8. Il Ministro dell’Istruzione lo ribadisce, perché si sappia:

“Se c’è crescita di contagi non è di certo colpa della scuola. Sembra ci sia un accanimento del governatore contro la scuola”

E invece De Luca chiude. Senza nemmeno lo sforzo di inventarsi alternative che non siano ridicole rappresaglie punitive. Prepararsi – ce ne rendiamo conto – sarebbe pretendere troppo.

È una mossa politica, a gratis. De Luca promuove il primato della sua immagine, ormai affievolitasi appresso a troppe caricature: il lanciafiamme lo perseguita, la resa all’industria dei matrimoni l’ha ridimensionato. Ricorda un po’ il Malacarne del film di Tornatore. L’estate senza emergenza è stata dura da smaltire. Ma ora che i contagi aumentano, ora è di nuovo il suo momento. Il conto dei positivi è il suo bat-segnale.

La scuola, difesa a spada tratta dal governo nazionale fino a 5 minuti fa, è il punto debole: se attacchi lì, se forzi quel dannato portone, è fatta. Torni l’interventista “con le palle”, quello che ha il coraggio di fare quel che altrove non fanno perché sono troppo timidi. E lo fa col trucco: mentre chiude le scuole, passa ai tamponi contingentati. Potranno farli solo con la prescrizione del medico curante. Con un effetto facile da immaginare: calerà il numero dei tamponi, perché agli asintomatici non verranno più fatti, e tra 15 giorni (guarda un po’ il caso) calerà anche il numero dei positivi. Magia: “Avete visto che ho fatto bene a chiudere le scuole?”.

La situazione è brutta, sì. Davvero. E lo è perché il portone della scuola è chiuso.

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