L’aumento dei contagi minaccia la ripresa delle lezioni, ma i danesi hanno ovviato con il ridimensionamento delle classi trasformandole in piccole “bolle”
Scuola, scuola, scuola, la priorità in questo momento è far ripartire la scuola che è rimasta ferma da marzo. In tutta Europa i Governi discutono su come riprendere le lezioni e non c’è nessuna certezza, perché con l’aumento dei contagi non esiste il rischio zero.
Repubblica oggi fa una panoramica sulle diverse scelte fatti dai vari Paesi europei in vista dell’inizio dell’anno scolastico.
Il modello che fa scuola è sicuramente quello danese, dove la scuola è ripartita già a metà aprile senza mascherine, ma con le classi suddivise in piccoli gruppi che non si incontrano mai. Le cosiddette “bolle”
Gli ingressi sono scaglionati e ci sono diverse entrate per ogni istituto, la sanificazione degli ambienti è quotidiana, i genitori non possono entrare se non in determinate circostanze, gli studenti devono mantenere la distanza di un metro. Ma soprattutto contano i test: se un alunno o l’insegnante è venuto in contatto con caso confermato, l’intera “coorte” va in isolamento e attende il risultato del test.
In Inghilterra Boris Johnson, ha definito “un dovere morale” riportare gli studenti in classe, anche se questo dovesse comportare la chiusura di pub e ristoranti. Il Governo ha infatti diffuso delle linee guida simili al modello danese.
Francesi e belgi riapriranno le aule il 1 settembre e puntano invece sull’uso di mascherine, obbligatorie per i ragazzi dagli 11 e 12 ani in poi.
La situazione è critica in Spagna, dove la mancanza di linee guida e il forte aumento dei contagi a meno di due settimane dalla ripresa delle scuola ha spinto i sindacati a minacciare lo sciopero.
In Germania infine, dove dopo appena due settimane dalla riapertura sono stati registrati contagi in 41 istituti, non esistono linee guida generali per tutti
alcuni hanno imposto l’uso delle mascherine, altri l’alternanza tra lezioni in presenza e lezioni online, in altre regioni gli studenti vengono testati ogni quattro giorni, anche se è un’opzione rara perché molto costosa.