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L’ultima crisi isterica di Conte, c’era una volta Full Metal Jacket

Il battibecco con Juric e l’Inter in crisi: di nervi, di risultati, di pianto. Il sergente Hartman del calcio europeo forse non basta più

L’ultima crisi isterica di Conte, c’era una volta Full Metal Jacket

La parodia di Full Metal Conte è online dal 2013, il diritto all’oblio è un’illusione. Ma erano altri tempi, “purtav ‘o cappiell”, come diceva quello in Così parlò Bellavista. In testa aveva altro, Antonio Conte. La Juve. Ma la narrazione che se ne faceva – e, si badi, 7 anni fa la “narrazione” non era un concetto centrale come adesso, la chiamavano ancora “immagine”, preistoria – era la stessa. Il sergente Hartman del calcio europeo. L’irresistibile condottiero che va a scadenza come uno yogurt, dopo un paio di stagioni, per saturazione dai sottoposti. Un pre-Gattuso meno dolce, volendo attualizzare. E’ una vecchia storia, quella dell’uomo forte al comando, c’è ancora qualcuno che ci crede. Alcuni giocatori dicono di averne bisogno, bontà loro.

Poi una notte d’estate lo vediamo esplodere contro il collega dirimpettaio, Juric, in questi termini:

“Juric non rompere il cazzo e stai muto!”

L’altro ha risposto, ovvio:

“Ma stai muto te… come ti permetti?”.

In mancanza di susseguente strascino, il battibecco s’è trasformato in evidente sintomo nell’analisi del momento-Inter. Si chiama “crisi”: di nervi, di risultati, di pianto.

E’ la trasposizione post-pandemica del sergente di ferro, quello che la retorica vuole imperterrito in battaglia, con una pattuglia di calciatori fanatici al seguito. Conte, che per professione vince allevando mujahidin, è caduto in una scenetta che in tempi lontani dal politicamente corretto veniva definita da sindrome pre-mestruale. Cosa è successo?

E’ successo che l’Inter, al seguito della Lazio, s’è dissolta nella ripresa del campionato. Ha perso col Bologna, e poi ha pareggiato 2-2 a Verona. La difesa non difende più: nelle ultime dieci partite ha subito il doppio dei gol rispetto alle dieci precedenti. La famigerata Lu-La, la coppia che nell’era pre-virus era diventata una combo Marvel, fa fetecchia. Lukaku, per dire della nevrosi dell’ambiente Inter, l’hanno massacrato alla prima partita storta.

E’ come se la campagna-lamenti 2020 gli si stesse “riproponendo” tutta di colpo, come i peperoni imbottiti in una cena di luglio. Era appena arrivato all’Inter quando Marotta e la proprietà pianificavano la sanguinolenta estradizione di Icardi, e mettevano in cascina per il generale inverno della Serie A Lukaku, Barella, Sensi, Lazaro, Biraghi, Godin e Sanchez. Più Antonio Conte stesso, che Marotta definì subito “il top player”. L’Inter il top player ce l’ha in panchina, disse. E Conte, che i tranelli li subodora, riuscì nel colpo da maestro, piangere su stesso: “I top player dobbiamo averli in campo, non in panchina”.

Pure dopo il crollo emotivo e la rimonta subita a Dortmund col Borussia, dal 2-0 al 3-2, la buttò sul mercato brutto e cattivo: “Sono stati fatti errori in estate”. Un’estate da 150 milioni, seguita poi da un gennaio in cui gli hanno preso Eriksen, Sanchez, Moses e Young. Hanno già comprato Hakimi per la prossima stagione.

Conte di solito, quando gli girano, ricorre ai messaggi indiretti, di sponda sulla tv. A Sky, dopo il Verona, ha sobillato:

“A fine campionato ci sarà da fare delle valutazioni. Le farò io, le farà la società sul lavoro che ho fatto”.

Nel frattempo, i tifosi sui social analizzavano: come mai contro il Bologna ha fatto il primo cambio solo al 75’ e quattro negli ultimi 5 minuti? E a Verona solo tre cambi, tutti nel finale? Il sospetto della rete è che sia una fine strategia di guerriglia-marketing: dimostrare che non ha una rosa all’altezza. Accumulare lacrime per piangere meglio, insomma.

Ma è una linea che produce danni d’immagine collaterali. La Gazzetta dello Sport stamattina scrive:

“Se non è crisi di nervi, poco ci manca. Perché al di là dell’aspetto tattico, dell’atteggiamento e degli errori tecnici, è la fragilità mentale dell’Inter che sta emergendo in maniera inimmaginabile. Ed è l’ultima cosa che ti aspetti da una squadra guidata da Antonio Conte, l’uomo che ha fatto del furore e della mentalità vincente uno stile di vita, prima da giocatore e poi da allenatore”.

Non è che forse, a Milano per primi, hanno tutti equivocato la sostenibilità delle fobie di Conte? Questa continua isteria come stile di vita. Facendosene pure un vanto, un’etichetta. Full Metal Conte era una parodia. Era.

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