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Addio a Mario Corso celebre foglia morta. Vinse l’unico scudetto Primavera del Napoli

Aveva 79 anni. Perno della Grande Inter. Lanciò la cantera azzurra: da Musella a Volpecina, da Caffarelli a Celestini. «Allodi fece il mio nome a Ferlaino»

Addio a Mario Corso celebre foglia morta. Vinse l’unico scudetto Primavera del Napoli

È morto Mario Corso che avrebbe compiuto 79 anni ad agosto. Uomo fondamentale della celebre Inter di Helenio Herrera. Era l’ultimo di quella formazione che divenne una filastrocca. Subito dopo Suarez. Di lui si ricordano soprattutto le punizioni a foglia morta. Aveva un sinistro che parlava. La gara di ritorno Inter-Liverpool del 1965 è nella storia del calcio: un suo gol su punizione, la rete di rapina di Peirò e poi Facchetti ribaltarono lo 0-2 dell’andata.

Mario Corso ha anche avuto un ruolo importante nella storia del Napoli. Ha guidato per quattro anni il Napoli Primavera e per la prima e unica volta, nel 1979, il club conquistò lo scudetto di categoria. La stella di quella squadra era senza dubbio Musella. Ma con Mariolino Corso, e Sormani, è venuta fuori una nidiata straordinaria di giocatori: da Celestini a Raimondo Marino, Volpecina, Caffarelli, Di Fusco, Cascione, Maniero, Amodio, Cimmaruta e altri che dimentichiamo.

Questo un estratto di un’intervista a Repubblica di qualche anno fa

E allora raccontiamo gli anni azzurri di Mario Corso.
“Prima di tutto voglio dire che ho trascorso cinque anni della mia vita fantastici a Napoli. Non esagero se dico tra i più belli mai vissuti. La città è così viva e calda, la gente affettuosa e solidale, non potevo chiedere di meglio. Per un certo periodo ho anche vissuto a Capri, l’isola dei sogni: prendevo il traghetto per venire ad allenare e poi tornavo lì. Cosa potevo volere di più? Napoli, da allora, è sempre con me”.

Come arrivò al Calcio Napoli?
“Grazie a Italo Allodi, già straordinario manager della Grande Inter: fece il mio nome a Corrado Ferlaino, gli disse che ero l’uomo giusto per creare una grande Primavera azzurra e lui mi prese subito”.

Lei, campionissimo interista degli anni d’oro, venne chiamato per allenare la Primavera del Napoli e fu un successo oltre ogni aspettativa.
“Lo rivendico con orgolio. Gonfio il petto (ride soddisfatto, ndr): allevai una generazione di ottimi giocatori e tutti, poi, giocarono da professionisti, o in serie A o in serie B. Ma il clou fu lo scudetto, il primo in assoluto, conquistato nel 1979. Nella partita decisiva superammo il Torino. Gioia indescrivibile. Guardi, ancora adesso che ne parlo con lei rivivo que momenti, un soddisfazione pazzesca”.

Chi era il migliore di quel Napoli Primavera scudettato?
“Sicuramente Musella, fortissimo. Un talento. Grande classe. Carattere non semplicissimo ma se lo sapevi prendere ti dava tutto. Ma anche Celestini, nel suo ruolo, era forte. E poi avrebbe giocato con un certo Maradona…E Raimondo Marino era un calciatore completo. Con me c’era Angelo Benedicto Sormani e fu fondamentale nel trionfo finale: sapeva insegnare calcio come pochi. Poi andai via perchè volevo allenare in serie A ma non dimenticherò mai quella squadra e la città. Napoli è fantastica e se poi le cose in campo vanno bene fare il calciatore o l’allenatore lì diventa stupendo”.

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