L’allarme della Società Italiana di Pneumologia: anche i giovani nei sei mesi successivi alla guarigione possono soffrire una minore capacità respiratoria e resistenza allo sforzo
Sei mesi per superare il rischio di sviluppare ulteriori patologie polmonari, e comunque il 30% dei guariti dalla Covid-19 avrà problemi respiratori cronici. E’ l’allarme lanciato dal meeting della Società Italiana di Pneumologia, che mette in evidenza una sorta di “fase 2” della malattia, che una buona parte dei pazienti ricoverati con sintomi gravi per l’infezione da coronavirus. E vale, ovviamente, anche per i calciatori.
Luca Richeldi, membro del Comitato tecnico e scientifico per l’emergenza coronavirus, presidente della Società italiana di pneumologia e direttore del Dipartimento di pneumologia del policlinico Gemelli di Roma, parla di “una nuova emergenza sanitaria”:
“In molti pazienti Covid-19 che sono stati ricoverati o intubati osserviamo dopo la dimissione difficoltà respiratorie che potrebbero protrarsi per molti mesi dopo la risoluzione dell’infezione e i dati raccolti in passato sui pazienti con Sars mostrano che i sopravvissuti alla malattia, a sei mesi di distanza avevano ancora anomalie polmonari ben visibili alle radiografie toraciche e alterazioni restrittive della funzionalità respiratoria, come una minor capacità respiratoria, un minor volume polmonare, una scarsa forza dei muscoli respiratori e soprattutto una minor resistenza allo sforzo, con una diminuzione netta della distanza percorsa in sei minuti di cammino. Ma, soprattutto il 30 per cento dei pazienti guariti mostrava segni diffusi di fibrosi polmonare, cioè grosse cicatrici sul polmone con una compromissione respiratoria irreversibile: in pratica potevano sorgere problemi respiratori anche dopo una semplice passeggiata”.