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Termoscanner e ultras seduti, saranno così gli stadi post-virus

L’architetto Mark Fenwick al Corsera spiega come potranno cambiare gli stadi (sempre che non rimangano chiusi per 18 mesi)

Termoscanner e ultras seduti, saranno così gli stadi post-virus

Il coronavirus potrebbe rivelarsi uno strumento di rinnovamento per gli stadi italiani. È quanto emerge d un’analisi pubblicata oggi dal Corriere della Sera che analizza come dovrebbero cambiare gli impianti per permettere alle persone di poter tornare a riempirli nella fase 3 dopo l’emergenza coronavirus.

Secondo la prospettiva annunciata dall’epidemiologo americano Zach Binney, della Emory University di Atlanta e confermata da Roberto Burioni, gli stadi dovrebbero addirittura restare chiusi per un periodo che va dai 12 ai 18 mesi. Ma la speranza ovviamente è quella di riuscire a trovare soluzioni che permettano alle persone di poter tornare negli impianti

A questa domanda ha provato a rispondere sul Corriere della Sera Mark Fenwick, uno degli architetti più importanti a livello internazionale che ha provato a raccontare come saranno gli stadi della fase 3

Il primo punto da ottenere sarà quello del distanziamento sociale, quindi minore capienza e poi maggiore automatizzazione che permetterà minor impiego di persone e quindi di contatti.

A partire dall’ingresso allo stadio, che andrà scaglionato, come l’uscita, con orari prestabiliti per evitare assembramenti. I tifosi andranno sottoposti al controllo della temperatura corporea per fermare le persone a rischio

Proprio questo punto potrebbe richiedere parecchio lavoro per degli impianti abbastanza anziani come quelli presenti in larga parte in Italia.

Previsto anche l’utilizzo di un’app per impedire assembramenti ai bar o ai negozi per il merchandising. Negli stadi del futuro si dovrà dire addio alle maniglie alle porte che dovrebbero aprisi e chiudersi a infrarossi

Potrebbe cambiare perfino il modo di tifare, si potrebbe arrivare a far sedere gli ultrà «Non per una questione di sicurezza ma perché sarà l’unico modo per occupare uno spazio ben definito e distante – spiega Stefano Perrone, direttore operativo del Parma e consulente della Lega Serie A per la gestione degli stadi».

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