In arrivo il divieto, il Guardian: “Sarebbe il punto di non ritorno, l’inattività uccide una persona su sei, e costa 8 miliardi l’anno al servizio sanitario”
“Vogliamo davvero essere un Paese che vieta l’esercizio fisico prima di vietare il fumo e la vendita di tabacco?”, si chiede Barney Roney in un’editoriale sul Guardian. Ed è una finestra sul nostro passato recente: il dibattito sul confinamento sociale.
L’Inghilterra viaggia su un altro fuso orario dell’emergenza, sono in ritardo di qualche settimana: nel Regno Unito stanno per chiudere i parchi e vietare l’attività fisica all’aperto. Insomma è la grande questione “running” che si abbatte sulle coste d’Oltremanica. Ci siamo già passati, da queste parti. Abbiamo ruminato il capro espiatorio e siamo andati oltre. Lì no, non ci sono ancora, ma già annusano la tragedia. Perché Roney lo scrive: “Toglieteci i pub e i centri commerciali, murateci dietro una porta con Netflix e un vino scadente, ma non toglieteci i nostri 30 minuti di esercizio per rilassare il cervello e allungare il corpo”.
Questione di mentalità. Lo sport nei paesi del nord è una pratica sociale quotidiana, e ora la messa al bando “potrebbe davvero essere un punto di non ritorno”, secondo il Guardian.
“Quando ciò accadrà, quando i parchi e gli spazi pubblici saranno chiusi, sarà uno degli effetti collaterali più distruttivi di questa pandemia. Un disastro per la salute fisica e mentale; un disastro per lo sport a livello ricreativo e junior; e un disastro anche per il Servizio sanitario nazionale”.
“Le nostre città sono luoghi affollati. Molte persone non hanno spazio all’aperto. Ma la maggior parte delle persone ha capito come proteggersi. Correre a due metri da chiunque altro, schivare il marciapiede, essere consapevoli in ogni momento della distanza: sono abitudini che il cittadino medio sta imparando a tenere. Qualsiasi decisione del governo sul pubblico è un equilibrio tra costi e benefici. Questo sarebbe catastrofico per un sacco di gente”.
L’editorialista ne fa una questione di logica, e anche di dati e di soldi:
“Lo stesso dipartimento della salute che sta ordinando alla nazione di stare chiusa dentro nell’ottobre 2019 ci esortava a fare esattamente il contrario, affermando che “l’inattività fisica è responsabile di un decesso su sei nel Regno Unito, ed costa 7,4 miliardi di sterline l’anno nel Regno Unito”.
Insomma, anche in piena emergenza sanitaria un po’ di esercizio fisico all’aperto, seguendo le regole del buonsenso non dovrebbe essere vietato: “L’inattività non è uno stato neutro. Ha anche un costo profondo. La perdita di movimento e l’attività fisica sono entrambe abitudini e spesso irrecuperabili per le persone in età avanzata. Inoltre c’è l’effetto più immediato sulla salute mentale della nazione. Lo stesso documento del governo concludeva: “L’attività fisica può aiutare a prevenire e curare oltre 20 condizioni croniche e malattie, tra cui … la depressione”.
E poi ci sono i giovani, i bambini. Che per poche ore in Italia sono diventati oggetto della discordia tra il Viminale, che voleva concedere l’ora d’aria, e le Regioni. Bambini e adolescenti, scrive il Guardian, “la cui fisicità richiede che, come i cani, debbano correre almeno una volta al giorno”, vanno salvaguardati.