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Dopo un chilometro, ho abbassato la mascherina. Noi runner i nuovi pirati della strada

Abbiamo testato in anteprima la nuova ordinanza che riabilita l’attività motoria: di nuovo salutare consuetudine e non più reato contro l’umanità. Bello, eh. Ma ora torniamo a panificare

Dopo un chilometro, ho abbassato la mascherina. Noi runner i nuovi pirati della strada

Una mattina ci siamo svegliati, e siamo andati a correre. Da domani potrete anche voi. Abbiamo voluto testare in anteprima la nuova ordinanza di De Luca che riabilita l’attività motoria: di nuovo salutare consuetudine e non più reato contro l’umanità.

La domenica è da sempre la giornata del “lungo”, dell’allenamento di fondo: si ha più tempo a disposizione, non si lavora, non c’è traffico, la gente si sveglia tardi. Per cui abbiamo autocertificato alla famiglia lo spirito di servizio e alle 6:30 in punto, esattamente 24 ore prima dello start autorizzato dalla delibera regionale, siamo scesi in strada.

L’adagio vuole che il vero giornalista consumi le suole, no? Vale anche se sono scarpette. La legge ammette una finestra di due ore al mattino e altre due al tramonto, e un raggio d’azione “in prossimità della propria abitazione”, calcolato secondo prassi giurisprudenziale in 200 metri. Apriamo il compasso, avviamo il cronometro e via.

Il legislatore – ovvero sempre De Luca – lascia al cittadino la possibilità di capire se il running sia uno sport “compatibile con l’uso obbligatorio della mascherina”. Provateci voi a correre con la mascherina, dicono in tanti. E noi stiamo qua apposta. Abbiamo un passato da mezzofondisti di livello e siamo stati anche “Azzurri di sci”, quindi ci immoliamo volentieri per verificare.

Al quinto giro del palazzo veniamo assaliti dalla classica nevrosi da alitosi: un lunghissimo effetto coppino davanti alla bocca, quello che usavamo per autovalutare il degrado dell’alito prima di un appuntamento. Moltiplicato per 100. Al primo chilometro decidiamo che no, forse il running non è “compatibile con la mascherina” e l’abbassiamo. Ci sentiamo in difetto morale, non solo legale. Per cui ogni volta che incrociamo un essere vivente – a distanze siderali di sicurezza – ci copriamo immediatamente la faccia, con uno straniante effetto rapina. Una anziana signora, di riflesso, ha quasi alzato le mani in segno di resa.

Al diciottesimo giro scorgiamo all’orizzonte un altro pirata della strada. Ora, quelli che in una vita precedente l’apocalisse correvano davvero si vedono lontano un miglio: la postura, l’andamento, l’abbigliamento, persino. Questo ha dei cuffioni in testa tipo deejay americano, calzettoni al ginocchio che manco le autoreggenti di Callejon, e la sudorazione profusa della sincope incombente. Non saluta, non ci degna di uno sguardo. E’ una tattica anche questa: come quando a scuola incollavi gli occhi al banco per non farti interrogare, ora speri che il non guardare equivalga al non esser visti. Ma tanto, a quest’ora, di domenica, le forze dell’Ordine sono rare come un bar aperto in quarantena.

La circumnavigazione dello stabile è eccitante come l’ora d’aria nel cortile di Poggioreale. Sembriamo avvoltoi che s’aggirano sulla casa in attesa che i famigli si arrendano lasciandoti finalmente divano e telecomando. Più che fondo, è una sessione di ripetute continuativa.

Al chilometro 4, cercando di distrarci, ci proiettiamo all’indomani, a ordinanza in vigore. Con i primi accenni del traffico lavorativo – sì, la popolazione è da un po’ che ha ricominciato a popolare le strade, altro che 4 maggio – i posti di blocco che interrompono l’allenamento, gli “uscitori” di cani professionisti che ti guardano male (“corre quell’infame, moriremo tutti!”), la mascherina calata sui miasmi dell’espirazione, il solito dribbling tra cacche, rifiuti, barriere architettoniche varie ed eventuali. Attorniati magari da decine di impostori, passeggiatori incalliti finalmente ammessi all’aria aperta: la marcia è pur sempre disciplina olimpica. Beh, c’è gente che s’è ridotta a far colazione con la grappa per molto meno.

Rientriamo, orgogliosi di questo reportage che ci riporta ai fasti del grande giornalismo d’inchiesta. Diamo fuoco alla mascherina, e andiamo in doccia. È domenica. Tocca calarsi di nuovo nella realtà. E panificare.

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