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Romer: “Un test ogni due settimane per far ripartire l’economia. Se sei negativo, torni al lavoro”

Il Fatto intervista il Nobel Paul Romer: “Bisogna investire nella produzione di macchine per i test. Ogni Paese in Europa è abbastanza ricco e sviluppato per farlo

Romer: “Un test ogni due settimane per far ripartire l’economia. Se sei negativo, torni al lavoro”

Il Fatto Quotidiano ospita una lunga e interessante intervista a Paul Romer premio Nobel per l’economia nel 2018. Ex capo economista della Banca Mondiale, insegna all’Università di New York. L’economia potrà ripartire se i governi faranno test alla popolazione, in modo da favorire il rientro dei sani. La cosa fondamentale da fare, spiega, è investire sulla capacità di testare le persone su larga scala.

“Questo richiede investimenti in attrezzature per i test e nel personale. Dopo potremo applicare una politica di isolamento intelligente, che significa che si testano tutti ripetutamente, una volta ogni due settimane. Se sei negativo, torni al lavoro e alla vita quotidiana. Se sei positivo, vai in quarantena. La chiave per contenere un’epidemia è isolare le persone contagiose. Ora isoliamo tutti perché non sappiamo chi è infetto”.

E continua:

“Produrre macchinari per i test, creare siti appositi e addestrare personale. C’è un tipo di macchina per i test che sembra una grande fotocopiatrice. Se avessimo 5mila di queste macchine negli Stati Uniti, potremmo testare 20 milioni di persone al giorno. Non è per niente difficile pensare di produrle”.

Fare una cosa del genere è compito dei governi europei.

“Il compito dei governi europei ora è mobilitare la loro capacità industriale per mettere in campo un sistema di test. Ogni governo deve farlo per conto suo. (…) Abbiamo bisogno di una strategia di contenimento per almeno due anni. In due anni potremmo avere un vaccino, che è un modo meno costoso per proteggere l’economia”.

“Se riesci a far tornare l’economia a produrre, nient’altro conterà. E poi bisogna essere pronti a trovare con i test chi è diventato contagioso, perché l’infezione entrerà anche dal resto del mondo. Nelle guerre del passato i Paesi hanno mobilitato la produzione per produrre nuove attrezzature. Devono farlo di nuovo”.

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