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“Perché non è obbligatoria l’app sul Covid se diamo i nostri dati ad Amazon e Zoom?”

In una lettera al Corsera un milanese accusa la mancanza di organizzazione e l’omertà di alcuni cittadini nel confessare di essere positivi

“Perché non è obbligatoria l’app sul Covid se diamo i nostri dati ad Amazon e Zoom?”

Antonio, cittadino di Milano, scrive una breve lettera pubblicata oggi dal Corriere della Sera in cui denuncia alcune criticità della capitale lombarda in questa emergenza coronavirus, prima tra tutte l’omertà degli stessi malati

A Milano il Covid si aggira indisturbato tra l’omertà della gente che non vuole dire di averlo. Soprattutto tra i vecchi. I contagi calano tranne che qui. Una signora che ha avuto il marito morto in ospedale si rifiuterebbe di dare notizie sulla sua salute, e gli amministratori di condominio (compreso il mio) nel dubbio mandano società di sanificazione a spruzzare le parti comuni.

E si scaglia poi sulla mancanza di chiarezza e di un programma per la ripartenza

 Ma qui non c’è un programma, un controllo: perché non si fanno i tamponi? Perché il sistema in Rete non rende obbligatoria la App cui dare i nostri dati che tanto non abbiamo nessun problema a dare a Zoom o a Amazon? Come pensano di fare il dottor Colao e la sua squadra? A proposito: da cittadino non ho compreso bene chi ha selezionato chi di questa task force. La politica o Colao? Perché come ha detto Del Piero, grande uomo e campione, che il capitano della squadra è fondamentale anche nella scelta dei suoi uomini. Capitano mio capitano… O che forse dobbiamo rivolgerci ai poeti? A uno come Dante se mai ci fosse?

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