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Masullo: «Quello che stiamo vivendo conferma che l’individuo è solo. E’ una condizione di vita»

Il filosofo al Mattino: «E’ una guerra arrivata quasi in pantofole e ancora non la capiamo. Non impareremo dai nostri errori. Siamo individui biologici presi dalla quotidianità»

Masullo: «Quello che stiamo vivendo conferma che l’individuo è solo. E’ una condizione di vita»

Il Mattino intervista il filosofo Aldo Masullo. Il 12 aprile compirà 97 anni. Racconta la sua vita in solitudine, a causa di un virus che è come una guerra, ma con differenze enormi. Fa il paragone con la seconda guerra mondiale.

«Quella era una violenza chiara, uccideva le persone e cambiava la vita in senso materiale, ma dal punto di vista mentale era come se attivasse le intelligenze. Con i suoi orrori, era come se chiedesse di essere capita».

Questa guerra contro il virus, invece, è diversa.

«E’ arrivata quasi in pantofole, non si è fatta riconoscere all’inizio e ancora non la capiamo, la conosciamo poco o per niente. Non siamo sfidati dalla realtà in modo attivo, non ci mobilitiamo, ce ne stiamo come chi riceve una mazzata. Storditi. Non capiamo. E non sappiamo che fare. Certo tutto questo dovrà passare, entro l’anno ce ne libereremo, mentre di una guerra vera è impossibile prevedere la fine. Stiamo vivendo un evento stravolgente sul piano collettivo ma stranamente soporifero. Come quando ci si ubriaca e si prova un senso di nausea. E invece dobbiamo tentare di opporre una resistenza attiva. Anche evitando di farci avvolgere in un torpore rischioso che deforma la realtà».

Masullo parla dell’isolamento.

«Io insisto da tempo sull’idea che l’individuo è solo. Perché, per quanti sforzi faccia, non riesce a render partecipe l’altro di ciò che sente. C’è una separatezza intrinseca nell’umano, e la situazione quotidiana che stiamo vivendo sembra confermarla come condizione di vita».

È però paradossale che proprio in questo momento abbiamo bisogno degli altri, intesi soprattutto come medici e infermieri.

«Sono gli eroi, dal cui valore dipendiamo. Non se ne stanno in attesa inerte ma con precisione, professionalità impeccabile e quasi burocratica, conducono una lotta attiva rischiando la vita. Siamo affidati a loro. Intanto restiamo come inebetiti. Forse è la strategia che la mente adotta per sostenere il peso del Coronavirus: stordirci da noi stessi per sfuggire alla minaccia della paura».

Spiega il senso di paura che lo pervade.

«Vedo la vita, non solo la mia ma quella umana, a rischio di sfasciarsi. Non solo per il Coronavirus ma per il clima generale che questa sciagura patologica ha prodotto, in un momento che non era di felicità per gli europei né per gli italiani».

E ammonisce: non impareremo dai nostri errori.

«Alla fine si riuscirà a risorgere, ma non con la memoria delle nostre manchevolezze. Noi siamo vissuti ma non viviamo, perché ripetiamo sempre gli stessi errori: fa parte dell’umano, nato per dimenticare. Siamo coloro che dimenticano, individui biologici presi dalla quotidianità».

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