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In Corea 91 pazienti recidivi. Scovati grazie al terzo tampone, che in Italia non è previsto

Sul Fatto Quotidiano. Su di essi è in corso uno studio per accertare se si tratti di errori nei test o se siano falsi negativi. Ciò metterebbe in dubbio l’efficacia dei test per gli anticorpi e costituirebbe un pericolo per il nostro Paese

In Corea 91 pazienti recidivi. Scovati grazie al terzo tampone, che in Italia non è previsto

Secondo il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Seoul, in Corea, i pazienti guariti  dal Covid-19 potrebbero ammalarsi di nuovo. Lo scrive Il Fatto Quotidiano.

Sono 91 i pazienti, in Corea, ad essere tornati positivi dopo due settimane dalla guarigione. In Italia c’è un solo caso, per ora, a Verona. A certificare il rinnovato contagio è stato il terzo tampone. Quello che in Italia non è però contemplato.

Procediamo con ordine.

Secondo l’Oms, un paziente può ritenersi guarito se risulta negativo a due tamponi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. Dopo il secondo tampone, il paziente resta comunque due settimane in quarantena.

In Corea, invece, dopo il secondo tampone, i pazienti vengono sottoposti anche ad un terzo tampone di controllo. Anche a Wuhan, dove infatti è stato possibile scoprire che una percentuale tra il 5 e il 10% dei pazienti dimessi dagli ospedali perché considerati guariti sono invece di nuovo positivi.

Nessuno degli oltre 34mila pazienti italiani guariti è stato sottoposto al terzo tampone, dunque tra loro potrebbero nascondersi alcuni recidivi.

Per ora sui 91 pazienti coreani è in corso uno studio che tenderà ad accertare se si tratti di errori nei test oppure se siano falsi negativi.

Secondo Jeong Eun-Kyeong, direttore del Cdc coreano, non si tratterebbe di nuovi contagi, ma di riattivazione del virus contratto la prima volta. Spiega Il Fatto:

“Quei pazienti sarebbero, cioè, dei falsi negativi: a guarigione avvenuta, la carica virale si potrebbe essere ridotta grazie all’azione di contrasto dei cosiddetti anticorpi IgG, ritenuti in grado di neutralizzare il virus. Ma non sarebbe sparita del tutto. E sarebbe, a un certo punto, tornata a crescere”.

Ci potrebbe voler dire che l’immunità non duri a lungo. Come dichiara al quotidiano  Maria Rita Gismondo, virologa dell’ospedale Sacco di Milano.

“Potrebbe voler dire che il Sars-Cov2, come altri coronavirus, non garantisce la possibilità di un’immunità protettiva a lungo termine. Questo metterebbe in discussione anche i test di screening immunologico basati sulla rilevazione delle IgG , di cui tanto si parla”.

 

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