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Guerra (Oms): “Non siamo ancora nella fase di calo. Riaprire è un rischio”

In conferenza stampa con Borrelli: “Siamo ancora nella fase di plateau. Adesso è necessario tenere conto degli asintomatici. La gente ha la responsabilità etica di restare a casa”

Guerra (Oms): “Non siamo ancora nella fase di calo. Riaprire è un rischio”

Il bollettino quotidiano della Protezione civile indica +1195 positivi in più rispetto a ieri. Purtroppo sono  ancora 552 morti che si aggiungono, in 24 ore, alla lista, già lunghissima, di persone decedute per il virus. Aumentano anche i guariti, oggi +2099. Un record.

Assieme al capo della Protezione civile Borrelli, oggi, era presente Ranieri Guerra, direttore generale Oms.

Non stiamo parlando di screening di massa ma di test a campione per capire meglio la distribuzione del contagio. Comprendendo anche gli asintomatici e chi non è stato sottoposto a diagnosi. Ci permette di comprendere variabili che non conosciamo e che sono fondamentali. Come il tasso di letalità, la distribuzione per classi di età e per categorie lavorative. Per quanto riguarda l’apertura, ci sono parecchi passi preliminari da compiere. Non siamo in diminuzione netta della curva, ma in rallentamento della velocità di trasmissione. Siamo sul plateau, che si abbassa lentamente, in modo molto lento. C’è un serbatoio di asintomatici che continua a garantire la trasmissione del virus. Aprire senza sapere com’è stata la circolazione del virus è difficile. Le due cose possono andare in parallelo. Si può predisporre riapertura per classi di lavoro, per tipologia geografica, per classe di età. Ma sempre con un occhio alla diminuzione marcata della curva, che ancora non c’è. E tenendo presente il fatto che esiste una categoria di persone che, per età e preesistenti patologie, è particolarmente vulnerabile. Non credo che il governo voglia procedere all’apertura senza tenere conto di questa rischiosità al momento ancora molto alta“.

Sui tamponi a tappeto e la politica adottata dall’Oms:

“La strategia di contenimento su un focolaio limitato nello spazio e nella popolazione interessata può funzionare. Con un’epidemia ‘matura’ in cui la trasmissione è altamente sostenuta ed è a livello comunitario come quella che si è verificata, le procedure cambiano drasticamente. Credo che errori non ne siano stati fatti“.

Test sierologici.

“Sono un elemento di conoscenza ex post ma fondamentale. Perché una vasta maggioranza della popolazione esposta non compare rispetto a una diagnosi che si può fare in laboratorio. Eppure esiste e dobbiamo saperlo. Per questo si raccomanda anche questa strategia a completamento”.

Ancora sulla possibilità di riapertura:

“Si comincia a vedere la luce in alcune zone del pianeta, in altre ancora no, e sono vicine abbastanza per scambiare ancora il contagio. Il livello di allarme è ancora massimo. Le misure di contenimento hanno avuto un riscontro preciso. Ovvio che continuare ci può portare all’abbattimento della curva, perché la circolazione del virus è stata rallentata. Si possono riaprire focolai epidemici anche di piccola entità. Probabilmente anche al Sud adesso sta circolando il virus come ha fatto al Nord. Riaprire senza saperlo sarebbe assolutamente deleterio e potrebbe vanificare tutti i sacrifici e le misure prese finora. E’ il momento di serrare le fila. La mobilità della gente che si riscontra in questi giorni va combattuta con le armi della consapevolezza e della comunicazione continua. In modo che la gente si renda conto che ha una responsabilità individuale profondamente etica. L’eticità dello stare in casa e del rimanere isolati. Fondamentale per poter continuare”

La Cina è stata tempestiva nel comunicare i dati?

“Non dico che non sia stata tempestiva. Ci sono stati ritardi o non immediatezza nella risposta, dovuti a quello che l’agenzia predica da sempre, cioè avere la capacità di prepararsi per attivare il piano secondo cui tutti sanno già cosa fare. E come predisporre la risposta. Mi sembra di capire che è una dimensione da migliorare in modo molto consistente. Non rispondo quindi su ritardi sì o no ma che dico c’è una fisiologia nel montaggio della risposta che non è mai immediata, per questo il piano deve essere attivato ben prima che la macchina sia in grado di rispondere”.

Le linee guida per la fase 2:

“Il dibattito è acceso. Stiamo lavorando su quali debbano essere i requisiti minimi per poter parlare di una fase 2. Diagnosticare immediatamente, ad esempio. In assenza di questa capacità è meglio che la fase 2 la discutiamo successivamente. La raccomandazione sarà sicuramente quella di riaprire per gradi, a distanza di un paio di settimane tra una riapertura e l’altra, per contenere gli sviluppi dell’epidemia”.

 

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