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Condò: quegli stadi aperti all’emergenza

Sulla Gazzetta «Da San Paolo a Dortmund, da Belgrado a Seul, da Pretoria a Marsiglia. Gli stadi e i palazzi dello sport sono luoghi semplici da organizzare»

Condò: quegli stadi aperti all’emergenza

Paolo Condò sulla Gazzetta dello Sport risponde in qualche modo ai tanti che desiderano veder tornare attivi gli stadi di calcio e la definisce una richiesta naturale ma inutile in questo dal momento che molti di essi sono regolarmente funzionanti anche senza calcio a causa dell’emergenza sanitaria

Succede in tutto il mondo, com’è logico quando si combatte una pandemia: da San Paolo a Dortmund, da Belgrado a Seul, da Pretoria a Marsiglia. Perché gli stadi e i palazzi dello sport sono luoghi semplici da organizzare, con zone divise e ben delimitate, percorsi obbligati che consentono facili separazioni, nei quali il distanziamento sociale tra gruppi di persone era già praticato.

E questo, commenta Condò, farà sì che al termine dell’estate nessun tecnico questa volta avrà il coraggio di lamentarsi delle condizioni del campo come accaduto in passato, magari per qualche concerto di troppo, ma anzi ringrazierà per l’uso che ne è stato fatto

Gli stadi aperti ai malati per allentare la pressione sulle terapie intensive, quelli organizzati per lo stoccaggio di materiale sanitario, gli impianti che semplicemente aprono ai clochard e ai senzatetto perché questi sono giorni nei quali un tetto è necessario a tutti

Un po’ come successe nel 2005 con l’uragano Katrina che devastò la Louisiana, tutti coloro che non riuscirono a mettersi in salvo a New Orleans si rifugiarono nel palazzo dello sport per 3 giorni per sopravvivere

 

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