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«Troppo presto per vedere gli effetti della grande fuga dal Nord. Occorre aspettare altre due settimane»

Il Messaggero intervista Massimo Andreoni, primario Malattie infettive del policlinico Tor Vergata di Roma: «A fare la differenza sarà stata la capacità delle regioni di Sud nell’aver intercettato le persone infette e i loro contatti» 

«Troppo presto per vedere gli effetti della grande fuga dal Nord. Occorre aspettare altre due settimane»

Il Messaggero intervista Massimo Andreoni, primario del reparto di Malattie infettive del policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Tra i temi toccati, quello dello spostamento in massa, lo scorso 7 marzo, dal Nord al Sud di tanti che scappavano dalla Lombardia prima che la regione venisse chiusa.

Non si può ancora capire, dice, se la grande fuga abbia prodotto o meno tutti i suoi effetti.

«È troppo presto per dirlo. Perché non basta aspettare solo i canonici 14 giorni, la durata dell’incubazione del nuovo coronavirus. Questo ci aiuterà solo a verificare se le persone partite risultano contagiate singolarmente. Bisognerà invece aspettare ancora altre settimane per capire se le persone infette al momento della partenza abbiano poi contagiato altre persone al loro rientro a Sud. In questi casi, a fare la differenza sarà stata la capacità delle regioni di Sud nell’aver intercettato le persone infette e anche i loro contatti, e di averle isolate o messe in quarantena».

In merito alla tanto dibattuta questione dei tamponi, ovvero a chi debbano essere fatti, Andreoni dice:

«A mio avviso è fondamentale fare i tamponi sia ai soggetti con sintomi gravi che quelli che presentano sintomi lievi. Per questi ultimi, infatti, sapere di essere stati infetti o meno può fare la differenza in quarantena. Sapere di avere il Covid-19 ci spinge a fare più attenzione in casa, a stare nella propria camera e a usare un solo bagno. E soprattutto induce a rispettare seriamente i 14 giorni di quarantena».

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