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«La burocrazia aggrava la penuria di protezioni. La mascherina dovrebbero indossarla tutti»

Il Corriere Milano intervista il primario di cardiologia del Sacco, Maurizio Viecca: «La centralizzazione regionale e romana non hanno funzionato e neppure la comunicazione alla popolazione»

«La burocrazia aggrava la penuria di protezioni. La mascherina dovrebbero indossarla tutti»

Il Corriere Milano intervista Maurizio Viecca, primario di cardiologia del Sacco. Ha anche un ruolo di rappresentanza nell’associazione nazionale dei primari ospedalieri. Lamenta la scarsità di monitor per le terapie.

“Sono alla disperata ricerca di 4 o 5 monitor per le terapie, ne abbiamo un gran bisogno. A un certo punto mi sono offerto di ordinarli io, ma l’azienda che li produce mi ha detto di aver vinto una gara Consip per 250 monitor e quindi l’acquisto sarà centralizzato. La burocrazia in questa fase è un problema, un’aggravante non da poco, per gli ospedali che sono sotto stress in tutte le loro componenti”.

Il suo reparto è stato svuotato per far fronte all’emergenza Covid-19, ma descrive lo stato dell’arte dell’emergenza sanitaria. Il problema più grande è reperire le protezioni, come guanti e mascherine.

“La centralizzazione regionale e romana non hanno funzionato, questo è un dato incontrovertibile”.

Questo espone i medici a rischio contagio. Viecca si spinge oltre. Per lui è fondamentale che le mascherine le indossino tutti.

“Esiste una grande preoccupazione per un flusso di pazienti troppo sostenuto, ma sappiamo che ci sono anche tantissimi portatori sani del virus, senza sintomi, soprattutto giovani, che inconsapevolmente hanno infettato e continuano a infettare. Dunque la mascherina dovrebbero indossarla tutti, ‘a tappeto’”.

Anche su come è stata gestita la comunicazione alla popolazione, Viecca ha dei dubbi.

“All’inizio l’informazione è stata ondivaga, non adeguata. Ci sarebbe stato invece enorme bisogno di un’informazione più chiara sugli elementi fondamentali da comunicare alla popolazione. Non condivido ad esempio la decisione di diffondere con regolarità il numero dei decessi. Bisognerebbe concentrarsi sui contagi, perché quelli sono il vero indicatore di quanto vengono rispettate le regole”.

Ci vogliono controlli più serrati, dice.

“Perché qui una cosa è certa: la durata dell’epidemia sarà inversamente proporzionale al rispetto delle regole, e dunque il controllo è un elemento centrale”.

Anche sul rischio di contagio a cui sono esposti i medici non si fa abbastanza.

“Come associazione dei primari contestiamo che, in caso di un familiare positivo al Covid-19, il medico debba continuare a lavorare e poi farà il tampone cinque giorni dopo. In quei cinque giorni il medico potrebbe infettare pazienti e colleghi. Così si espone il personale medico a un rischio enorme”.

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