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Garattini: «In Lombardia non hanno voluto fermare le aziende nonostante l’allarme dell’Iss»

A Repubblica il presidente dell’Istituto Mario Negri: «La mancata attuazione della zona rossa in valle Seriana fa molto pensare. Non hanno protetto i lavoratori»

Garattini: «In Lombardia non hanno voluto fermare le aziende nonostante l’allarme dell’Iss»

Repubblica intervista Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Parla dei numeri esorbitanti di contagi registrati in Lombardia. L’errore è stato non fermare prima l’economia.

«Se nella nostra Regione i numeri sono così alti è anche perché non hai fermato prima le aziende. E comunque, anche se avevi deciso di tenerle aperte, non hai protetto i lavoratori, che continuavano a spostarsi per andare in fabbrica. Così si sono moltiplicati i contagi».

Non solo i lavoratori, anche il personale medico.

«Non abbiamo protetto nemmeno chi lavora negli ospedali e nei luoghi di cura, nelle case di riposo, negli studi medici. La prima linea — medici, infermieri, personale sanitario — ha fronteggiato l’onda di piena del virus senza avere attrezzature adeguate. Dov’erano i dispositivi? Adesso quella prima linea è falcidiata da malattie e, purtroppo, da decessi. Penso ai medici di base. Penso a strutture che si sono trasformate in camere di incubazione. Le maggiori infezioni avvengono in ambiente ospedaliero. A farne le spese sono state e continuano a essere le persone più fragili, gli anziani come me, ma anche persone un po’ più giovani».

Alla salute si è preferita l’economia. Un grave errore.

«Temo si dovrà prendere atto che, nel momento cruciale, alla tutela della salute si è anteposta l’economia, il lavoro, la produzione a tutti i costi. Se questo verrà confermato, sarà una lezione durissima sulla quale riflettere. La mancata attuazione della zona rossa in valle Seriana, nonostante l’allarme lanciato dall’Istituto superiore di sanità, fa molto pensare».

Sulla crescita dei numeri registrata ieri nella regione:

«Se sono stati fatti più tamponi è logico che il numero dei contagiati è più alto. Quanto ai decessi mi sembra si sia raggiunta una fase di stallo, tenuto conto di giorni più e giorni meno. Il punto è che bisognerebbe comunicare il numero dei test e tirare una media che tenga conto di almeno tre-quattro giorni. Ragionare su un giorno o due rischia di creare scompiglio e ansia tra la gente. Uno poi pensa: ma come, sto chiuso in casa e non serve a niente?».

Bergamo è un caso a parte. Nel suo caso hanno inciso più fattori.

«Il combinato disposto di più fattori l’ha trasformata in un terreno di guerra. Mancata chiusura del focolaio Alzano-Nembro, e dunque circolazione degli uomini e delle merci. Ospedali e personale non attrezzati a spezzare la catena dei contagi — vale il discorso dei dispositivi di protezione. Eventi di massa come la partita Atalanta-Valencia. I lavoratori delle fabbriche rimaste aperte andavano mappati. È vero che fare i tamponi a tutti i lombardi in questo momento è impossibile, ma bisognava farli a chi, sul posto di lavoro poteva essere contagioso».

 

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