Il presidente della Regione Lombardia al CorSera: «Abbiamo fatto moral suasion nei confronti di Confindustria Lombardia, poi l’interlocuzione è avvenuta anche a livello centrale, a Roma»
Le misure del nuovo decreto Conte non soddisfano la Lombardia. Il presidente della Regione non ne fa mistero in un’intervista sul Corriere della Sera.
«Mi sembra un po’ riduttivo rispetto alle misure che avevamo predisposto noi. Perché non chiudere tutti gli studi professionali, gli uffici pubblici e gli alberghi? E i cantieri edili? Avevamo anche il consenso dell’associazione dei costruttori! E il divieto di andare nelle case di vacanza? Qualcuno mi deve spiegare il perché. Hanno detto che c’è il consenso di tutte le Regioni, ma se è così manca quello della Lombardia».
Per Fontana prevale l’ordinanza della Regione.
«Ai cittadini dico di attenersi alle nostre disposizioni contenute nell’ordinanza che ho firmato sabato. Si tratta di elementi certi e chiari sia dal punto di vista delle prescrizioni, sia per quanto riguarda le tempistiche».
Il governatore della Lombardia riconosce di avvertire un continuo senso di impotenza e di trovarsi «davvero di fronte a qualcosa più grande di noi».
«Eh sì, perché un conto è impegnarsi per il benessere dei propri cittadini, ben altro dover difendere la salute, la vita di dieci milioni di persone».
E risponde anche sulla presunta resistenza degli industriali ai provvedimenti restrittivi introdotti nella regione.
«Dall’inizio abbiamo sempre detto e ripetuto che queste misure sono il frutto di una valutazione che cerca di tenere insieme due interessi: la salute pubblica e l’economia, entrambe fondamentali. Noi ci siamo spesi molto anche nel fare moral suasion nei confronti di Confindustria Lombardia, che si è impegnata con noi ma che, per esempio, al momento del primo decreto stava ancora aspettando garanzie sulla cassa integrazione. Dopodiché l’interlocuzione è avvenuta anche a livello centrale, a Roma».