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Ayman, il chirurgo di Bergamo che racconta l’orrore del virus su Skype ai Paesi Arabi

Su L’Eco di Bergamo. «Questo flagello è mondiale, noi in Italia siamo in prima linea, dobbiamo informare gli altri, educarli al distanziamento sociale, diffondere la nostra conoscenza sulle terapie» 

Ayman, il chirurgo di Bergamo che racconta l’orrore del virus su Skype ai Paesi Arabi

Su L’Eco di Bergamo la storia di Ayman Ismail, chirurgo di Zingonia, in provincia di Bergamo. Originario del Libano, è cresciuto in Italia. Lavora tra i malati Covid e, appena può, sia dalle corsie dell’ospedale che da casa, spiega ai Paesi arabi, via Skype, cos’è questo mostro che stiamo combattendo da più di un mese. La sente come una missione.

«Questo flagello è mondiale, noi in Italia siamo in prima linea e stiamo facendo tutto il possibile, dobbiamo informare gli altri, educarli al distanziamento sociale, diffondere la nostra conoscenza sulle terapie. Per questo ho cominciato, sin dai primi segnali di diffusione del virus a postare video, immagini, filmati sui social e su Youtube, per i miei amici in Libano, per i miei colleghi nei diversi Paesi arabi, per i miei conoscenti in Medio Oriente».

La rete ha amplificato il messaggio di Ayman, che ora ha spazi quotidiani su diverse emittenti arabe.

«Faccio collegamenti quasi quotidiani, spiego cosa sta succedendo qui, fornisco informazioni terapeutiche, ma soprattutto cerco di diffondere il messaggio più importante: contro questo virus l’unica arma davvero efficace è il distanziamento sociale, con utilizzo dei dispositivi di sicurezza e un’accurata igiene delle mani».

Al Jazeera, Al Arabya, la Bbc Araba ma anche alcuni interventi tv in Olanda.

«Per alcuni Paesi lontani da noi la possibilità di attuare il distanziamento sociale è un lusso, è necessario che la gente comune capisca che solo così può difendersi. Faccio costantemente l’esempio di Bergamo. Ormai ci conoscono in ogni angolo del mondo: qui si è sbagliato all’inizio ma ora abbiamo finalmente capito che solo restando il più possibile a casa si può combattere questa pandemia».

A quanti lo seguono, Ayman racconta cosa ogni giorno è costretto a fronteggiare. Anche lui, come tanti dei medici di cui nelle ultime settimane abbiamo raccontato la storia, porta impressi nella memoria gli occhi dei malati Covid e nel cuore la loro solitudine.

«Guardare negli occhi i pazienti quando devi far loro calzare il casco Cpap per aiutarli a respirare meglio è davvero disperante. I loro sguardi parlano, anche se loro non riescono a farlo: capiscono di essere a un passo dalla fine, che stanno peggiorando, che potrebbero essere a breve intubati. E c’è anche chi non lo sopporta, quel casco: qualche volta mi sono sentito dire da qualche malato “basta, me lo tolga, mi lasci morire, non ce la faccio più”. Per i malati è devastante la potenza di questo virus, per noi medici altrettanto. Così come lo è vedere queste persone soffrire isolate, sentire i parenti disperati perché non possono stare accanto ai loro cari».

 

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