ilNapolista

«Aumentano i casi nel CentroSud, ma non ci aspettiamo l’incremento rapido di Lombardia e Veneto»

L’epidemiologo dell’Iss D’Ancona al Corsera: «Evitate le corsa al tampone. Troppo presto parlare di una inversione di tendenza in Lombardia»

«Aumentano i casi nel CentroSud, ma non ci aspettiamo l’incremento rapido di Lombardia e Veneto»

Il Corriere della Sera intervista Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, uno dei tecnici che raccolgono i dati trasmessi dalle Regioni sul contagio da coronavirus e li trasmettono alla Protezione Civile.

Troppo presto per dare un giudizio sull’andamento dell’epidemia, dice, occorre almeno un’altra settimana. D’ancona fornisce anche dei dati sull’andamento regionale dell’emergenza sanitaria.

«Troppo presto parlare di una inversione di tendenza in Lombardia. C’è invece un discreto aumento in Toscana, Piemonte e Lazio. In quest’ultima regione sono stati confermati 320 casi, significa che il virus circola. Considerazioni più accurate sulla situazione nel centro-sud le potremo disegnare solo la prossima settimana in base al monitoraggio dei malati gravi ricoverati in terapia intensiva. Questi pazienti sono l’indicatore di quanto la pandemia si sta diffondendo. In pochi giorni potrebbe cambiare tutto, però non ci aspettiamo l’incremento rapido avvenuto in Lombardia e Veneto. Nel frattempo sono state introdotte misure rigorose e contiamo sui comportamenti individuali che possono incidere in modo importante sul quadro complessivo».

Il Centro Sud potrebbe essere protagonista di una crescita notevole dell’epidemia?

«È facile costruire scenari catastrofici molto più che smontarli. Attualmente non ci sono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. Noi speriamo di poter contenere la circolazione del virus».

Sullo studio pubblicato dalla rivista Lancet, che ipotizza 30mila nuovi infetti in tre settimane, dichiara:

«È prematuro costruire dei modelli in base ai quali tracciare la curva della pandemia. L’istituto Mario Negri ipotizza uno degli scenari. L’ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie infettive, ha pubblicato una stima del rischio secondo la quale il picco massimo di casi in Italia è atteso a fine marzo ma in assenza di interventi di contenimento. Due scenari diversi con assunzioni diverse. In Italia abbiamo adottato misure forti, quindi ci attendiamo dei risultati. L’unica incognita è sapere quanto le restrizioni influiranno sull’andamento della curva».

D’Ancona si sofferma anche sull’età media delle vittime. I più esposti sono gli anziani, ma ci sono anche decessi tra le fasce più giovani. Lui “rassicura”:

«Sono una piccola quota, alla Protezione Civile ne risultano undici su 1441 decessi totali. Una percentuale comunque estremamente bassa».

Come è possibile che ci siano tanti contagiati tra gli operatori sanitari (circa 1.500)? Non dovrebbero essere più preparati degli altri su come proteggersi?

«Anche questo è un elemento di studio. Vogliamo capire se questi operatori, cui esprimiamo tutta la nostra gratitudine per come si stanno battendo, si sono contagiati in ambiente professionale, in ospedale o nei loro studi di medici di famiglia, oppure nella vita privata. Sicuramente adesso c’è maggiore attenzione da parte del personale sull’uso corretto dei dispositivi di protezione».

L’epidemiologo invita i cittadini, in presenza di sintomi lievi, a restare in casa e ad adoperare tutte le precauzioni possibili. Di aspettare.

«Evitate la corsa al tampone. Anche senza averlo fatto, aspettate di guarire da quella che potrebbe essere solo una semplice alterazione febbrile o una simil influenza. Restate a casa, non andate in ufficio, la spesa la farà qualcun altro».

ilnapolista © riproduzione riservata