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Le 10 cose che ricorderemo di Napoli-Atalanta (anche se ne ricorderemo solo una)

Lo sguardo di Giacomelli fa tenerezza. Dovrebbe prendere due decisioni in una, dare rigore al Napoli e cancellare il gol all’Atalanta

Le 10 cose che ricorderemo di Napoli-Atalanta (anche se ne ricorderemo solo una)

Dieci cose da ricordare di questo Napoli-Atalanta sono anche troppe. Ne basterebbe una, e alla fine una ne ricorderemo. Perciò partiamo subito da quella, anche se è venuta nel finale. 

Uno. Lo sguardo di Giacomelli. Sì, ricorderemo quello più di ogni altra cosa. Lo sguardo di un uomo capitato in mezzo a una situazione più grande di lui. Molto più grande di lui. Mettetevi nei panni di questo arbitro italiano, il paese che ha avuto Gonella, Casarin, Agnolin e Collina. Dovrebbe avere dentro di sé tutto questo dna per prendere una decisione che oscilla tra pesante e pesantissima: andare al Var per fare due cose. Dare rigore al Napoli e cancellare il gol all’Atalanta. Già per farne una sola servirebbe personalità. Lo sguardo di Giacomelli fa tenerezza. Dovrebbe prendere due decisioni così e non può deciderlo lui. Sta in mezzo alle onde senza avere il timone in mano. Aspetta che qualcuno in cuffia gli dica di farlo. Mentre intorno a lui si solleva la polvere, si grida e si protesta, lui sembra una delle ragazzine di Non è la Rai che aspettavano indicazioni da Gianni Boncompagni. Il motivo della mancata concessione del rigore in tutta onestà non può essere il fallo di Llorente. Altrimenti Giacomelli avrebbe dovuto fischiare fallo contro Llorente. O no?

Due. Marek Hamsik in tribuna per la prima volta dopo la partenza per la Cina. Applausi, baci, ammore. Uno striscione in curva per fare gli auguri a Diego Maradona, anema e core. Chi ama non dimentica. Ma volessimo amare un poco anche quelli che nel frattempo stanno qua?

Tre. L’infortunio ad Allan al 7’. Si lancia su una respinta così così di Meret e sacrifica la gamba, il ginocchio, l’anima, le budella. La colpa dell’infortunio è chiaramente di Ancelotti per averlo schierato terzino la settimana scorsa. Si sa che a Napoli ogni terzino si fa male. 

Quattro. L’apertura di Insigne per Callejon da cui nasce il gol dell’1-0 di Maksimovic. Un colpo con il taglio in diagonale che segue di pochi minuti un’altra apertura spaziale per lo spagnolo. Un’intesa su cui il Napoli campa da sei anni. Prima di Sarri, questo giochetto lo aveva messo in piedi Rafa Benitez, che per inciso resta l’ultimo allenatore ad aver vinto qualcosa a Napoli (una Coppa Italia e una Supercoppa italiana). Per Callejon 5 punizioni guadagnate.

Cinque. I 40 centimetri che dividono Milik dalla porta. Ha appena preso un palo di testa a porta mezza spalancata, ma ci può stare perché si è dovuto arrampicare in condizioni precarie. Sul rimpallo, si trova la porta davanti a sé per tre quarti spalancata, ma svirgola, si ammoscia, ciancica, ciabatta: qualcuno deve avergli raccontato di quella volta in cui Claudio Pellegrini se ne mangiò uno contro il Perugia (1981) a un passo dalla linea di porta, e Milik gli fa un omaggio con questa citazione  d’autore. 

Sei. Il tunnel a Meret. Il gol di Freuler – direbbero quelli che parlano male – è la rappresentazione plastica della transitorietà della gloria. Il portierone che aveva salvato il Napoli più e più volte fa una cosa da mettersi le mani nei capelli. 

Sette. I primi due palloni toccati da Mertens appena entrato in campo. Sono elettrici e danno la scossa. Il secondo tocco mette Insigne nella condizione di calciare (a giro, of course) verso la porta. 

Otto. Il calcio di punizione di Milik che spolvera l’incrocio. Sta nascendo la mattonella di Arek. Da quel pezzo di prato il polacco fa paura. Chiude la partita con 5 tiri in porta di cui 3 nello specchio. 

Nove. Il pallone recuperato da Fabian da cui nasce il gol del 2-1. E’ il pallone più pesante tra i 108 che tocca durante la partita (e 5 dribbling). Senza Malcuit, che nelle ultime due partite era stato l’azzurro più coinvolto nel gioco, torna a essere il principale riferimento della manovra superando la soglia dei 100 palloni, due dei quali trasformati in tunnel. Dopo di lui un ottimo Luperto con 82 palloni: a testimonianza del ritorno a sinistra dell’asse del gioco.

Dieci. Il gol di destro di Milik. Ma ancora di più il controllo in corsa con cui evita Gollini in uscita. E’ fatale al portiere il momento in cui mette le mani dietro la schiena pensando che il polacco cerchi il contatto. Perde il controllo del corpo e vede Milik sfilargli via. Ma cosa conta adesso tutto questo? Il Napoli più bello del campionato sta qui a logorarsi e mangiarsi il fegato.

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