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I sei falli commessi dal Napoli a Liverpool sono una fotografia

Squadra intimorita, composta da bravi ragazzi. In campo bisogna farsi sentire. Come fece Ramos con Diawara. Come avrebbe fatto Boninsegna con Van Dijk

I sei falli commessi dal Napoli a Liverpool sono una fotografia

La media falli in Champions era di 12,4

C’è un dato statistico di Liverpool-Napoli che è più esemplificativo di qualsiasi analisi: ad Anfield Road, in tutta la partita, il Napoli ha commesso sei falli. Sei! Contro i sedici commessi dal Liverpool. Ma non solo. La media dei falli commessi fin qui dal Napoli in campionato è di 10,6 a partita; in Champions sale a 11,3. Dato che comprende anche il 6 di Liverpool-Napoli. Prima della partita di mercoledì la media dei falli commessi in Champions dalla squadra di Ancelotti era di 12,4 (12,36). Quindi martedì sera gli azzurri hanno commesso la metà dei falli mediamente commessi quest’anno in Champions. Il Liverpool, a fine partita, ha avuto al suo attivo sedici falli.

A inizio stagione, facemmo notare – provocando sorrisini di chi pensa al calcio come faceva Gaber col tennis – che il Napoli stava abbandonando quella eccessiva correttezza che da sempre lo aveva contraddistinto. Notammo che nelle prima quattro giornate di campionato, il numero di falli commessi era sempre stato superiore alla media dell’anno precedente (di 9,2). Il Napoli stava imparando a farsi sentire. Spiace per i puristi contemporanei, ma è un comportamento importante nel calcio. Calcio che, ricordiamolo, resta uno sport di contatto.

Ancelotti con Hagi

Per i più giovani vale la pena ricordare che il Milan di Arrigo Sacchi era una squadra che menava, che si faceva sentire non poco in campo. Con il metro di oggi, Franco Baresi avrebbe rischiato l’espulsione un bel po’ di volte nella sua carriera. Lo stesso Carlo Ancelotti ricordò, nell’incontro di Trento con Sacchi e Guardiola, come riuscì a far capire a Hagi che quella sera non era cosa.

Quando si evoca la finale di Coppa dei Campioni del 1989, contro la Steaua, Sacchi ricorda che i romeni avevano individuato in Ancelotti il punto debole dei rossoneri. E avevano piazzato Hagi dalle sue parti. Carletto racconta come andò: «Avevano individuato in meno il punto debole. Ma ad Hagi diedi subito due scarpate e si è calmato». Per poi aggiungere: «A proposito di bellezza».

Sergio Ramos con Diawara

Due scarpate. Nella finale di Coppa dei Campioni del Milan di Sacchi. Nel calcio funziona così. Quando, due anni fa, il Napoli di Sarri andò in vantaggio al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid e accennò un possesso palla quasi irridente, dalla propria metà campo partì Sergio Ramos che venne fin nella nostra metà campo e letteralmente sollevò dal terreno Amadou Diawara. Lo puntò, e andò dritto all’obiettivo. Si beccò il cartellino giallo, e due minuti dopo il Real Madrid pareggiò. Fu l’unico fallo della partita commesso da Sergio Ramos. Per non parlare di quello commesso su Salah nella finale di Champions, lì siamo a nostro avviso oltre il regolamento.

L’altra sera, a Liverpool, l’avvertimento è arrivato da Van Dijk con la sua entrata assassina su Mertens. Non è qui in discussione se fosse da giallo o da rosso – era da rosso, senza dubbio -, è stato un fallo effettuato con cognizione di causa. Van Dijk voleva intimorire tutto il Napoli. E ci è riuscito. Ha rischiato l’espulsione, ma gli è andata bene. Non a caso, il giorno prima Klopp parlò di arbitri.

Ed eccoci al punto. A quel fallo, nessuno del Napoli ha nemmeno lontanamente pensato di rispondere, di reagire. Nel Napoli non c’è stato nessun giocatore che al minuto successivo abbiamo pensato di puntare van Dijk e di riservargli il trattamento “Sergio Ramos”. Per far capire, a lui e al Liverpool, che “a brigante, brigante e mezzo”. Sei miseri falli nei novantasette minuti fin qui più importanti della mostra stagione. Un dato che somiglia tanto all’immagine di una squadra intimorita, che ha giocato con paura. E che, quindi, non ha giocato. Il Napoli ha perso palloni facilissimi, non è mai emersa la personalità dei calciatori in campo. Siamo stati sopraffatti dagli avversari che ci hanno dominati.

Una squadra di bravi ragazzi

Non sappiamo quanto sia facile lavorare su quest’aspetto. Ma sappiamo che Ancelotti lo stava facendo. E crediamo che dovrà continuare a farlo. Qui si aprirebbe un capitolo ancora più ampio, e cioè la squadra composta da bravi ragazzi. Che è un po’ il pallino di De Laurentiis un presidente che non ama i caratteri difficili, spigolosi. Ma ciascuna scelta ha i suoi pro e i suoi contro.Il Napoli di Maradona, ad esempio, era una squadra in grado di farsi rispettare: da Bagni a Crippa, da Giordano allo stesso Maradona, e potremmo continuare. A questo Napoli manca la cattiveria in mezzo al campo e in certe serate è una lacuna incolmabile. Oggi, in tempi di calcio ovattato, sembra una bestemmia dirlo: in campo bisogna anche saper menare, bisogna farsi rispettare, farsi sentire. Bonsinsegna a Van Dijk avrebbe fatto trascorrere una serata tutt’altro che piacevole, il difensore se la sarebbe ricordata a lungo. Noi abbiamo incassato e ci siamo ritirati. È come se avessimo issato bandiera bianca. Poi il calcio è un gioco strano, loro hanno sprecato l’impossibile noi avremmo potuto anche pareggiare. Ma è un’altra storia.

Restano i sei falli commessi, una miseria.

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