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Non sorprende il silenzio dei pensosi opinionisti sugli ululati dello Stadium 

Sto con Ancelotti e quel suo “superficiale” che blocca ogni possibile psicosi. Molto meglio del “ci può stare” di Benitez

Non sorprende il silenzio dei pensosi opinionisti sugli ululati dello Stadium 

L’Italia è la patria delle inutili analisi ex-post

Abbiamo perso e, fedeli alla linea del nostro allenatore, questa è l’unica statistica che merita di essere raccontata.

Fate attenzione, però, perché l’Italia è la patria delle inutili analisi ex-post, dove i ministri propongono sagacemente di estendere l’obbligo vaccinale solo in caso di epidemie. È questo il motivo per cui si stenta a leggere o discutere un punto di vista, un taglio particolare su una vicenda, una prospettiva: per il semplice motivo che non ce ne sono. C’è solo la piatta cronaca particolare e quotidiana estesa a legge generale.

Oggi scopriamo che Cristiano Ronaldo (che ha fatto, ma anche sbagliato molto, ieri) è imbattibile. Che è una grossa notizia. Da rimanere di stucco. Io preferisco fidarmi dell’operosità di casa nostra e sfilare da perdente con Ancelotti, perfetto nella notte in cui va abortita sul nascere ogni possibile nuova storica psicosi – l’espulsione è “superficiale”. Basta un solo termine, ma sensato. Molto meglio del “ci può stare”. Sa di terra e lavoro da macinare anche in dieci, quando quella palla Callejon avrebbe dovuto solo depositarla in rete. Null’altro. Si è perso lì, è chiaro ed è mancato poco – come la differenza che c’è tra le due squadre che, come ogni distanza in corsa, è liquida e variabile e va misurata in scarti nel tempo. “Saremo competitivi fino alla fine” ha detto l’uomo della coppa del 2003, e credo intendesse proprio questo.

Il silenzio dei pensosi opinionisti sugli ululati dello Stadium

A tal proposito: noto senza alcuno stupore che i professionisti degli articoli di fondo di ampio respiro calcistico culturale non si soffermano neppure un attimo sulle macerie dove si è giocato ieri. Macerie nazionali importanti. Sono i calcinacci umani di uno stadio intero, intero e completo, che invoca i saponi e ulula al nero. Su queste rovine bastano uno sbuffo sornione e una rapida occhiata alla coppa in bacheca. E la volontà di guardarne un’altra, conquistata quest’anno. In una nazione in cui si è servi per scelta del senso di contingenza e si stenta a trovare chi nutra un briciolo di curiosità per il futuro, serve un trofeo per alimentare i nostri sbuffi.

Si poteva e si può fare.

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