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Un suggerimento per il post-Reina: Mattia Perin, che ricorda Enrico Albertosi

L’addio di Pepe Reina riporta il Napoli nel mercato dei portieri: prendere Perin vorrebbe dire andare sul sicuro, con quel profilo e quelle movenze che ricordano lo storico portiere di Fiorentina, Cagliari e Milan.

Un suggerimento per il post-Reina: Mattia Perin, che ricorda Enrico Albertosi

Il dopo-Reina

Anche i saggi dicono “morto un papa se ne fa un altro”, si legga “anche Zoff andò via da Napoli…”. Sì, ma dipende dal sostituto, può andare bene ma può andare anche male. Dopo il Dino friulano arrivò Carmignani e nel cambio ci perdemmo. A volte è andata anche meglio, non possiamo lamentarci, gli esempi sarebbero tanti. Ne bastano due, tra i più ‘recenti’. Dopo Mattolini iniziò l’era Castellini, dopo un grande come Bandoni ci fu l’intuizione di Zoff, che era un gradino superiore. Il Napoli ha sempre avuto ottimi portieri, lo dice la storia, per questo pensare all’anno che verrà mette un pò di timore. “Sbagliare, indovinare la scelta, perdere, vincere….” direbbe Amleto nel suo monologo. Quali gli scenari del dopo Reina? Chi andrà a sostituire il portiere spagnolo tra i pali del Napoli l’anno venturo?

La faccenda delle visite mediche di Pepe al Milan pare non abbia suscitato tanti clamori. Nel calcio odierno nessuno va sotto la sede del Napoli, come si faceva una volta, con cartelloni tipo “Vendetevi l’anima ma non Vinicio” oppure “Altafini non si tocca”. I tempi sono cambiati, il calcio è cambiato. Eppoi, vuoi mettere, scrivi il cartellone, scendi in strada, vuoi protestare, vai…vai…dove? Non sai nemmeno dove andare, Castelvolturno appare un bunker, altro che sede sociale.

Evitare le polemiche

Un tempo si scendeva nel centro città, a Via Crispi, a Piazza dei Martiri, sapevi che là c’erano altre centinaia, forse migliaia, di tifosi che volevano manifestare come te. Ti univi a loro e, tra un coro ed un manifesto, esprimevi il tuo dissenso per le scelte della società. Oggi se pensi a Castelvolturno la prima cosa che ti viene in mente è la mozzarella buona, altro che sede del Napoli!

Dunque, il motivo principale di questa notizia apparentemente ‘indolore’ va letto nella maturità del tifoso napoletano che, visto il momento storico particolare (la lotta all’ultimo… punto con la Juventus), non vuole alimentare polemiche con cori nè manifestare il proprio disappunto con striscioni nei confronti di Reina. Un atleta, un uomo, un giocatore che, lo sappiamo bene, è legato molto alla città e a questa squadra per la quale già l’estate scorsa ha rinunciato a polemizzare sul mancato rinnovo del contratto pur di arrivare all’obiettivo che tutti i giocatori si sono prefissi ad inizio anno.

Legittimità

D’altronde se De Laurentiis non gli ha rinnovato il contratto e lui sente ancora di poter giocare è legittimo che trovi un’altra sistemazione. Dispiace tanto, tantissimo, i napoletani si affezionano. E’ storia vecchia ma bella. Non è facile trovare, nel calcio di oggi, un atleta che leghi così tanto la sua vita a quella della città nella quale gioca. Pepe Reina ci era riuscito appieno e la naturale prosecuzione del rapporto, che avrebbe reso felici la maggioranza dei tifosi (non tutti, beninteso), sarebbe stata fargli altri due anni di contratto. Dargli il benservito a 38 anni sarebbe stato più elegante, forse, che darglielo a 36 come sta accadendo in questi freddi giorni di primavera.

Non diciamo eresie se affermiamo che il ruolo del portiere, per una serie di fattori che è inutile elencare qui, è quello che più si presta alla longevità di un atleta. Quanti estremi difensori hanno continuato a vincere dopo aver superato i 40 anni? Tanti, tantissimi. Perché non lo avrebbe potuto fare anche Reina ‘prima’ dei fatidici 40? Ed allora tutta questa calma apparente, che potrebbe diventare ‘tempesta’ il giorno in cui Pepe decida di vuotare il sacco, crediamo alla fine del campionato qualunque sia l’esito finale, ci ha posto nella condizione di accettare il suo addio senza far drammi e di metterci alla ricerca del… portiere perduto.

Il successore

E così si è scatenata la caccia al successore e tutti consigliano nomi a destra e a manca, cognomi, squadre, campionati di appartenenza, età, profilo, valore di mercato e che numero porta di solito il futuro portiere del Napoli. Questa la sparo subito, a scanso di equivoci. Vorrei un giocatore che indossi la maglia numero “1”. Uno, capito? Non 2, 28 o 99. la tombola la faremo al prossimo Natale.

Ebbene, con questo stato d’animo, da una parte la rassegnazione per la decisione presa da Reina, dall’altra la ricerca del profilo giusto per l’anno prossimo, molti hanno guardato con un occhio particolare l’ultima gara di campionato col Genoa in casa. Osservato speciale, Mattia Perin, non il fu… Mattia Pascal. La gara inizia come sappiamo, il Genoa fa la sua onesta partita, sfiora il gol, il Napoli rischia di capitolare ma poi man mano comincia a giocare come sa e trova la via della porta, senza concretizzare, in più di un’occasione. Notiamo subito, però, che Perin usa bene i piedi, sa lanciare lungo e gestire la difesa, un po’ sulla falsariga di Reina e come piace a Sarri.

Perin, nell’album Panini 2016/2017

“Non sarà lo spagnolo ma ci va vicino” pensiamo. Inizia la ripresa e il portiere nativo di Latina fa dei buoni interventi. E noi pensiamo che “Napoli e questa partita non è la sede per dimostrare nulla, conosciamo il suo valore”. Poi Albiol fa gol. Ovviamente gioiamo, agli azzurri servono i tre punti come il pane ma quasi ci dispiace per Perin. Erano i frangenti in cui ci balenava davanti agli occhi l’attuale portiere del Genoa con la maglia del Napoli.

Ecco, non siamo riusciti a vederlo come avversario, sarà perché ci piacciono i portieri di scuola italiana, sarà perché il più forte attualmente in circolazione, Allisson, la Roma non lo darà mai. Sarà perché è sempre un rischio prendere un portiere tedesco o spagnolo e piazzarlo tra i pali, sarà perché tra Genoa e Napoli si sono sempre fatti dei buoni affari e sarà perché molti ‘calciomercatisti’ danno per scontato il passaggio di Perin tra le fila degli azzurri. Se al posto di Reina il Napoli deve prendere un portiere italiano, facciamo che sia lui, allora.

Gli altri

Troppo giovani ed incostanti i vari Meret, Cragno e Scuffet, anche un pò sopravvalutati. Meglio andare sul sicuro. E allora che ben venga Perin, voglioso di grande squadra, pronto per una big e, non dimentichiamolo, terzo portiere della Nazionale già dalla gestione di Conte.

E a proposito di Nazionale, sapete chi ricorda, nelle sue movenze, nella sua andatura, nel suo essere ‘matto come un portiere’, nel suo modo di parare e perfino nel modo di portare i capelli il ‘nostro’ Perin? Ad Enrico Albertosi, uno dei più grandi portieri italiani tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. In lui rivediamo proprio Enrico “Ricky” Albertosi, portiere pluridecorato col Cagliari scudettato del 1969-70, col Milan del 1978-79, mitico protagonista ai Mondiali Messicani del 1970, eterno rivale di Zoff in Nazionale.

Albertosi

A lui, lo ricorderanno i più anziani, calzava a pennello la definizione di follia, genio e sregolatezza, come quando, nella semi finale contro la Germania nella famosa partita del 4 a 3, fece un volo sotto la traversa per negare un gol fatto ai panzer di Muller, Seeler e Beckenbauer. Per i più giovani diremo che, dal punto di vista tecnico, Albertosi può essere paragonato a Buffon per la grande reattività tra i pali e per l’estro e la fantasia che metteva nelle sue parate. Acceso, estroverso, dotato di notevoli doti fisiche e tecniche, sembra rivederlo ancora, coi suoi maglioni sgargianti, dopo una parata efficace e stilisticamente bella, a tirarsi indietro i capelli lunghi di un onnipresente caschetto nero.

Enrico e Dino

L’eterna rivalità con Zoff in Nazionale assunse i toni di un romanzo lungo e pieno di colpi di scena. Basti pensare che questo dualismo iniziò nel 1966 con i Mondiali in Inghilterra, poi nel 1968, nell’Europeo disputatosi in Italia, Albertosi dovette cedere il posto a Zoff, allora portiere del Napoli, per un infortunio. Nel 1970 in Messico svettò ancora la sua chioma corvina e dal 1972 in poi, con gli Europei e poi coi Mondiali del 1974 in Germania, la porta dell’Italia fu solo di Zoff. Resta degna di nota la sua partecipazione a ben 4 Mondiali, dal Cile 1962 all’essere riserva in Germania nel 1974.

Più razionale e metodico il friulano, più sregolato e scanzonato Albertosi, uno che dava l’impressione che non aveva bisogno di allenarsi. In Sardegna, al Cagliari, dopo 10 anni di Fiorentina, Ricky Albertosi trascorse il periodo più bello della sua carriera vincendo uno scudetto e subendo solo 11 reti in tutto il campionato.

Albertosi a Cagliari, nell’album delle figurine 1969/70

Fu il capolavoro di una provinciale è vero ma in quella squadra c’erano fior di campioni. E proprio con uno di questi, Gigi Riva, il portiere nato a Pontremoli (MS) divideva il vizio del fumo. I pacchetti di sigarette erano i loro fedeli compagni di viaggio, in ritiro, al campo dopo l’allenamento, la sera dopo cena. Anche perché sapevano che se mister Scopigno non ne aveva erano loro a doverle offrire al tecnico. Ma anche lo scudetto della stella col Milan di Rivera va ricordato sebbene il portiere toscano venisse trattato come un giocatore a fine carriera, un matusa.

Quello che non tutti vorrebbero rammentare è invece il suo coinvolgimento nel calcio scommesse a 40 anni, con una squalifica di due anni. Prima di questo infausto evento aveva giocato la sua ultima partita in Serie A contro il Perugia nel febbraio del 1980 alla età di 40 anni e quasi 4 mesi. Chiuse poi la carriera in C2 con l’Elpidiense a 45 anni. Oggi, coi cicli che si ripetono nel calcio, Perin può essere il suo naturale sostituto.

Con il Cagliari al San Paolo, nel 1974

Albertosi a Napoli, contro Savoldi

All’Olimpico contro la Roma, a difesa della porta del Milan
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