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Due mamme e un dolore: per il figlio ucciso “per errore”, e per il figlio condannato a 30 anni

L’intervista a Raffaele Ceriello, regista del corto “Per errore” e da sempre attento ai ragazzi. Qui racconta il dolore di due mamme separate da un delitto ma unite dal dolore

Due mamme e un dolore: per il figlio ucciso “per errore”, e per il figlio condannato a 30 anni

Raffaele Ceriello

“Per errore” è un corto scritto e diretto da Raffaele Ceriello che racconta l’incontro tra due madri, la professoressa Rama che attende la mamma di Ciro, un suo alunno e la mamma che si presenterà, che madre di Ciro è, ma quello sbagliato, cioè il killer che ha ucciso il figlio della professoressa. Per errore, appunto.

Raffaele, sceneggiatore e regista, ha scritto per diversi registi napoletani, ma la sua vera vocazione sono i ragazzi con cui porta avanti corsi di cinema ed anche la realizzazione di alcuni cortometraggi.


Da dove nasce questa scelta di schierarsi con i ragazzi difficili?

«Vengo da una generazione in cui ci raccontavano che i cattivi erano gli indiani, ma io sono sempre stato dalla parte degli indiani. Da quando lavoro con preadolescenti e adolescenti, sia nelle colonie estive che nei soggiorni educativi territoriali, mi trovo spesso a tavola con minori a rischio che parlano dell’Isis come dei cattivi. Io i cattivi li ho conosciuti il 23 maggio del 92 quando ho assistito alla strage di Capaci. Da allora ho sempre avuto voglia di sottolineare da che parte sto. Poi, crescendo, ho cominciato a frequentare quei ragazzi che mi dicevano essere i cattivelli, ci ho giocato a pallone e non mi è successo niente. Questo ha fatto sì che potessi andare oltre agli stereotipi»

“Per errore”, selezionato per lo Siff, Festival Internazionale in Svizzera, e il Prato Film Festival, prende spunto da un fatto di cronaca, la morte di Pasquale “Lino” Romano vittima innocente della camorra che cinque anni fa fu freddato nel quartiere Marianella a soli trent’anni, mentre andava a trovare la fidanzata. Fu “un errore” perché gli assassini quella notte volevano colpire Domenico Gargiulo.

«Sullo sfondo dell’omicidio racconto l’incontro di queste due donne: due donne, due mamme, due educatrici. L’idea mi è nata frequentando la Fondazione Famiglia di Maria a San Giovanni a Teduccio, ho voluto fare un passo indietro raccontando il contesto quando i riflettori della cronaca e dei media si spengono e resta solo il dolore. Il dolore di due donne legate da un fatto di cronaca. Sembrano due universi così lontani, il dolore unisce queste due donne che sono da una parte e dell’altra ma che hanno entrambe perso un figlio. Infatti proprio la mamma di Ciro, il killer, veste a lutto, a significare il peso della perdita del figlio dietro le sbarre per 30 anni»

Un corto dedicato a tutte le vittime non designate della camorra che erano nel posto sbagliato al momento sbagliato, anche se poi non esiste il posto sbagliato perché chi sbaglia sono sempre i camorristi.

A chi vuol parlare “per errore”?

«Il senso è quello di raccontare che nel dolore siamo tutti simili, ma bisogna tirare fuori le unghie per salvarsi e per salvare i ragazzi che pensano che la vita vada vissuta così. Per questo lo sto portando in giro in varie fondazioni, adesso andrò a Barra. Molti ragazzi difficili pensano che i loro gesti possano avere conseguenze solo per sé e non vedono il dolore che seminano in giro.

“Per errore” parla anche alla pancia delle donne, quelle donne così importanti per ogni famiglia, per ogni ragazzo che sta diventando adulto. E’ direttamente rivolto a quelle donne che soffrono per la perdita di un figlio, per trasmettere loro che non sono sole e che dal loro dolore possono uscirne aiutando altri ragazzi. È rivolto anche a quelle che pensano di non essere dentro questa storia solo perché i loro figli non sparano o non sono morti, a quelle che vivono la precarietà di madri e mogli»

Nessun richiamo alle istituzioni?

«Sarebbe inutile. Non credo che abbiano la volontà di capire il messaggio perché ne fanno una visione semplicistica. Il mio non è un lavoro istituzionale, non è facile da capire e sicuramente non è spendibile, io accomuno le due donne e il loro dolore e questo non è facile da capire e accettare. Credo che il fallimento di questi ragazzi sia il fallimento della politica sociale che poi appoggia le basi nel fallimento familiare. La politica che arriva a Scampia, ad esempio, solo per creare speranze e poi si dimentica del Parco Verde di Caivano».

Locandina Per errore

Il 27 Marzo all’università Partenope è prevista una proiezione di “per errore” con un dibattito a cui parteciperanno Maria Luisa Iavarone (mamma di Arturo) docente di pedagogia generale e sociale, Francesca Marone docente di Sociologia dell’immagine alla, e Luigi Caramiello, docente di sociologia dell’arte e della letteratura.

«L’idea nasce avendo visto l’incontro televisivo tra professoressa Iavarone, la mamma di Arturo con la mamma del “nano” a Piazza Pulita. Ho visto delle assonanze con il mio corto, soprattutto con quella ricerca di recupero dei giovani che è la scelta della protagonista. Ma ci sono profonde differenze.

La mamma di Ciro nel mio racconto è solo una proiezione della professoressa Rama. Rappresenta la volontà di questa madre che ha perso un figlio, di toccare con mano la donna che le ha distrutto la vita, toccare il suo dolore ma non per cercare vendetta bensì conforto. La professoressa vorrebbe avere la possibilità di sputarle addosso il suo dolore, ma trova una donna che soffre quanto lei e alla fine l’incontro le serve per dire a sé e agli altri che non sta sbagliando, che sta andando nella direzione giusta. Perché lei invece di prendersela con la città e con tutti, si sveglia ogni mattina e guarda negli occhi i suoi alunni affinché nessun’altra mamma debba provare il dolore che prova lei.

Nel confronto alla Sette invece la mamma del ragazzo accusato si è sentita intimidita dal luogo e dal fatto di non sentirsi capace di esternare ciò che realmente pensava. Nell’incontro di Piazza Pulita c’è anche la mano del giornalista, perché si vuole spettacolarizzare il dolore, cosa che io ho scelto di non fare per andare a fondo sulla vera natura di questo disagio. Il circo mediatico che si crea attorno a questi fatti di violenza non aiuta, anzi fa sì che tutto venga percepito come uno show. Accade anche per i ragazzini che vengono sbattuti in video e questo gli fa credere che bastano le loro facce, i motorini per essere tutti come Gomorra. Quest’esposizione mediatica ha devastato una generazione di ragazzini. Gomorra ha fatto in modo che ciascuno di loro sentisse di poter diventare come loro. Quelli che negli anni 80 volevano essere Nino D’angelo oggi vogliono essere Sangue Blu».

Un corto che parla di donne e che parla alle donne. Una professoressa e una mamma, due figure fondamentali nella società.

«Infatti, loro incarnano le due componenti fondamentali di una società che lavora e può lavorare su questi ragazzi, che hanno bisogno di una guida per capire come salvarsi. Noi restiamo una società matriarcale in cui è la donna che rappresenta il cardine della famiglia e dell’educazione.

Ho cosciuto molte donne che sono state mogli per un due tre notti e madri per tutta la vita, questo segna la loro vita e fa capire l’assenza dell’uomo all’interno delle famiglie e dell’educazione dei figli»

Perché in questa rappresentazione del dolore non ci sono i padri?

«Non credo che l’uomo non viva profondamente il dolore, ma che una madre è un punto cardine. Basta vedere anche la cronaca, c’è la mamma di Ciro (Antonella Leandri), la mamma di Arturo, la mamma del “Nano”, mai il padre come se non avessero peso e ciò li deresponsabilizza».

E’ una scelta dei media oppure i padri davvero non ci sono?

«In realtà è un dato di fatto, molti di questi ragazzi accettano figure di padri forti e violenti, ma non presenti. Poi bisogna tener presente che in certi tipi di contesti l’uomo deve dar prova della sua virilità, mentre le madri hanno una fragilità che poi diventa motore della loro forza. In realtà è una domanda bella alla quale non so bene dare una risposta. Da quando lavoro con i ragazzi ne ho incontrati pochi di padri. Spesso capita che i padri sono distratti o presi dal lavoro e mancano anche nell’educazione dei figli. La madre è al centro di tutto».

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