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La vittoria che chiude il 2017 dei paradossi: il Napoli, il mercato, la Juventus e il Var

Il successo di Crotone tiene il Napoli in testa, con numeri da favola. Eppure questa squadra è circondata di scetticismo, a differenza di altre realtà.

La vittoria che chiude il 2017 dei paradossi: il Napoli, il mercato, la Juventus e il Var
Foto Ssc Napoli

Perché lo scetticismo

Il Napoli chiude il 2017 in testa alla serie A. Paradossalmente. Sì, perché l’anno che sta per finire è ricco di paradossi. Il primo di questi è che gli azzurri, pur collezionando nel girone di andata 48 punti su 57 (l’84% dei punti disponibili, un’enormità), sono circondati ancora oggi da un alone di scetticismo. Una quota del genere resta la quarta in assoluto negli ultimi 12 campionati, subito dietro alla Juve dei record di Conte e alle due Inter post-calciopoli (due stagioni queste ultime contrassegnate dalla mancanza di validi avversari). Invece il Napoli ci arriva in una stagione in cui la concorrenza sembra agguerrita.

E resta in testa nonostante l’appannamento psicofisico dovuto agli impegni multipli e allo choc post-Juve. Mentre la Juventus, la favoritissima che nella percezione comune sembra essere in testa al posto del Napoli, in 19 giornate non ha mai superato gli azzurri in classifica.

Il calciomercato “fallimentare”

In effetti, in pochi si aspettavano il Napoli campione d’inverno nonostante il paradosso del “calciomercato fallimentare”. Perché, come ha più volte scritto il Napolista, per tifosi e addetti ai lavori sembra impossibile migliorare una squadra senza passare attraverso campagne acquisti altisonanti. Anche se la squadra è già forte di suo.

Perché, lasciando perdere i titoli virtuali, da quello di campione d’inverno a quello dell’anno solare, in questo 2017 il Napoli ha perso per strada solo 18 punti su 114. Eppure il ritornello è sempre quello del “cosa manca al Napoli”, del “mercato di riparazione”, del “presidente che non vuole spendere”, fino ad arrivare al “presidente che non vuole vincere”. Come se De Laurentiis non avesse scelto la strada dei rinnovi onerosi pur di non perdere i migliori calciatori. Come se si fosse accontentato di allestire una squadra mediocre da centro classifica e non una delle squadre da ricordare in questo 2017.

Il mercato

Nella sua intervista nel post partita di Crotone, Maurizio Sarri (a cui piace mostrarsi furbescamente allergico ai discorsi di mercato, ma che indubbiamente partecipa alle decisioni relative ad acquisti e cessioni) è stato chiaro. Nell’undici titolare questa squadra è difficilmente migliorabile. Diciamo pure che il messaggio cifrato è che chiunque possa arrivare a Napoli non entrerà tra i titolarissimi. Senza per questo escludere che dei rinforzi occorrano. Ma è inutile tornarci su.

Raramente gli acquisti di gennaio hanno da soli fatto vincere gli scudetti. Se il Napoli dovesse rimanere in testa fino alla fine lo dovrà alla squadra costruita a giugno, squadra che anche da queste pagine si consigliò di toccare il meno possibile.

Non per cortigianeria nei confronti della Società Calcio Napoli (un altro dei refrain paradossali di questo 2017), ma più semplicemente per logica. Perché il motto “squadra che vince non si cambia” non l’ha inventato certo il Napolista. E una squadra forte, giovane ed ancora affamata va migliorata poco a poco e non ricostruita ogni volta daccapo. Almeno non nei ruoli già coperti e non fino a quando non mostri delle reali crepe.

Il paradosso dei selezionatori

Il miglioramento di molti singoli calciatori in questo anno solare è una garanzia per il prosieguo della stagione. Ma chi, tra stampa e tifosi, dubita delle reali qualità dei calciatori del Napoli non è da solo. Perché l’ennesimo paradosso di questo anno solare è che i selezionatori della varie squadre nazionali sembrano non accorgersi del tutto dei calciatori in maglia azzurra.

A cominciare da Lorenzo Insigne, forse il miglior talento italiano, lasciato in panchina dal CT Ventura in una delle partite più importanti negli ultimi 60 anni di nazionale italiana. Ma potremmo parlare di Jorginho, miglior regista italiano con tre sole presenze in nazionale (contro, ad esempio, le 66 di Montolivo); di Dries Mertens che non è tra i titolarissimi della nazionale belga; o dello straordinario Allan di quest’anno, trascurato da sempre dal CT brasiliano.

Come se i calciatori, una volta indossata la maglia del Napoli, diventino figli di un Dio minore. Come se per emergere a Napoli ci sia ancora una volta bisogno di dimostrare qualcosa in più.

Leo Paulo

Non è vittimismo, è la storia del calcio che ci insegna quanto i riflettori illuminino più frequentemente le stesse piazze. Altrimenti tutti avrebbero giudicato insensato l’ennesimo paradosso di questo 2017. Ovvero l’accostamento di Paulo Dybala a Lionel Messi, portato avanti per fin troppo tempo per non divenire ridicolo. E meno male che proprio Massimiliano Allegri, uomo troppo serio per continuare ad ascoltare certi paradossi, li ha pubblicamente stoppati.

Quelle stesse piazze che si amareggiano quando non si parla sempre e soltanto della loro squadra. Quando si afferma che qualcun altro pratica un calcio migliore del loro. Quando rispondono piccati se gli si fa notare che giocare due volte a settimana non è la stessa cosa che giocarne solo una, quando non vogliono ammettere che a lungo andare i fatturati contano.

Paradossi Var

Quelle stesse piazze che, dopo aver messo sotto pressione per anni la classe arbitrale, e avere per questo beneficiato troppo spesso di una discreta sudditanza psicologica da parte della stessa, oggi strepitano contro il VAR. Che è un mezzo tecnologico perfettibile, ma il cui uso ha contribuito a correggere moltissimi errori dei giudici di gara. Non sarà mai la perfezione, ma sicuramente meglio pochi errori che molti errori. Ma il paradosso sta proprio lì. Ci si appella ai rarissimi errori per dire che era meglio prima, ovvero accettare anche errori madornali, a patto che fossero a discrezione degli arbitri. Arrivando addirittura a discutere di opportunità di concedere un rigore che c’è.

Ci sarebbe da ridere se non fosse tristissimo sentire oggi protestare chi ieri umiliava gli avversari parlando di “arbitri come alibi dei perdenti”. Un po’ paradossale, non vi pare? Buon 2018!

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