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Come gioca la Sampdoria di Giampaolo (che non è il gemello di Sarri)

Principi, uomini e caratteristiche della Sampdoria, una squadra che ha un allenatore “di concetto” come il Napoli ma gioca in maniera diversa.

Come gioca la Sampdoria di Giampaolo (che non è il gemello di Sarri)

Differenze

Gran parte della critica e dell’osservazione calcistica tende a standardizzare ed appiattire persone e fenomeni tra di loro. A riconoscere similarità e uguaglianze e appartenenze di genere un po’ ovunque. Non è sbagliato, ma si rischia di minimizzare i concetti. L’esempio massimo del nostro campionato è Sarri vs Giampaolo. Entrambi allenatori di lavoro, entrambi amanti di un gioco proattivo, entrambi teorici della linea difensiva a quattro. Si sono alternati ad Empoli, anzi l’Empoli prese Giampaolo proprio per continuare il lavoro interrotto da Sarri. L’appiattimento, in questo caso, era quasi uno schiacciamento, un obbligo retorico. Oggi, invece, Giampaolo è alla Sampdoria. E parlare di Sarri e Giampaolo come una coppia di gemelli siamesi separati da un intervento chirurgico è decisamente fuorviante.

Perché oggi Sampdoria e Napoli hanno in comune l’idea di base, che poi è quella di tutti i tecnici di concetto (sempre di più, nel nostro calcio: Di Francesco, Spalletti, Montella, lo stesso Simone Inzaghi sebbene preferisca impostazioni più reattive): si parte da alcuni principi di gioco precisi per arrivare alla ricerca del risultato attraverso la cura e il miglioramento di questi stessi principi. È un lavoro di insistenza, insomma. Ecco, Sampdoria e Napoli partono da qui. Il primo, grande punto in comune. Forse l’unico di una certa consistenza. Oltre alla linea difensiva.

Somiglianze

Qualcosa dovrà pur esserci, che avvicina Napoli e Sampdoria. C’è, si tratta del lavoro difensivo. Come Sarri, Giampaolo utilizza un baricentro molto alto per cercare di recuperare il pallone tramite pressing aggressivo. Quindi, il principio di base è la vicinanza di e tra tutti i reparti per attaccare con molti uomini i portatori di palla avversari e riprendere nella zona di campo più alta possibile il controllo del gioco. È un concetto senza dubbio rischioso, ma è il seme che genera la piana dell’autodeterminazione. La squadra che pratica questo tipo di calcio, solitamente, orienta e gestisce e costruisce la sua partita, il suo risultato. Anche i suoi errori, in un certo senso.

La Sampdoria nel derby: squadra corta (27 metri), baricentro alto ma non altissimo (51 m) e soprattutto compattissima in orizzontale (29 metri). Un blocco unico in movimento sul campo, per facilitare la fase di recupero della palla.

Vantaggi derivanti da questo atteggiamento: capacità di difendere in avanti; difficoltà per gli avversari di uscire facilmente con la costruzione bassa; transizioni rapidissime, fondamentalmente letali perché fondate sulla presenza di molti uomini, tra l’altro tutti bravi nel trattamento del pallone (ne parleremo dopo).

Svantaggi: difficoltà a coprire l’ampiezza del campo sui cambi di gioco (come il Napoli di Sarri, ma con dinamiche più accentuate); difficoltà a coprire in caso di mancato funzionamento del meccanismo difensivo iniziale.

Insomma, per dirla breve: la Sampdoria è una squadra che rischia. Proprio come il Napoli, più del Napoli. Perché la forza dell’organico difensivo non è di pari livello, e perché il possesso palla non è accentuato come quello degli azzurri (53% di media). Non potrebbe esserlo, questione di qualità inferiore. Quindi, i tiri subiti per match diventano 15,5 (terza quota negativa per la Serie A) a fronte di 12,5 tentati.

I problemi della Sampdoria nella copertura orizzontale del campo. In più, il centrocampo e l’attacco fanno fatica a rinculare per garantire la superiorità numerica del reparto arretrato.

Differenze

In realtà, abbiamo già accennato ai punti non comuni. La Sampdoria gioca diversamente dal Napoli perché ha calciatori con forza e qualità differenti, pur condividendone le caratteristiche. Nel senso: parliamo di calciatori molto tecnici, in grado di giocare bene la palla nello stretto. Però, ripetiamo e spieghiamo: Torreira è fortissimo, ma non vale ancora Jorginho in un certo contesto. Idem Hamsik con Linetty, Quagliarella o Zapata con Insigne e Mertens e così via.

La scelta di Giampaolo, per mantenere una certa pericolosità offensiva, è quella di aumentare gli uomini oltre la linea della palla. Quindi due attaccanti, un trequartista e due centrocampisti di inserimento accanto al ragionatore Torreira. Il gioco dei due attaccanti è quello di garantire ampiezza per l’inserimento dei compagni, soprattutto del trequartista e dei centrocampisti. Quagliarella e soprattutto Zapata sono bravissimi in questo lavoro, perché hanno la qualità tecnica necessaria per allargarsi palla al piede, ma anche una struttura fisica adatta per non cedere nei duelli con gli avversari.

Il pallone, portato in avanti in questo modo, trova molti sbocchi attraverso azioni veloci, ficcanti, che dall’esterno piegano quasi a fisarmonica nell’area avversaria. L’attacco è posizionale ma non avvolgente, è più immediato rispetto a quello del Napoli. Perché si basa su un riferimento diverso, su meccanismi diversi e uomini diversi. La continuità presunta che si annulla, appunto. Non c’è appiattimento.

Due azioni consecutive dell’ultimo derby: il lavoro sugli esterni di Quagliarella e Zapata

La Sampdoria, rispetto al Napoli, non ha una fascia laterale “preferita” (38% del gioco nasce a sinistra, 33% a destra); come la squadra di Sarri, preferisce giocare attraverso appoggi rapidi e a pelo d’erba (appena l’11% di lanci lunghi sui passaggi tentati) ma questo dipende anche – e ancora – dalle caratteristiche dei calciatori. Solo Zapata è un vero saltatore, e infatti viene utilizzato come riferimento per la ricezione dei palloni lunghi. Nel derby, suo l’assist al trequartista Ramirez.

Il colombiano è perfetto per questo tipo di gioco: se in forma, fornisce un appoggio perfetto per creare le catene laterali con i terzini e le mezzali, perché riesce a portare per molto tempo il pallone senza cedere nell’uno contro uno col suo marcatore. Da lì, è semplice costruire catene di inserimento interno per i giocatori che si inseriscono.

Torreira

Chiudiamo con la grande sensazione della stagione. Lucas Torreira, uomo di riferimento per la costruzione del gioco. Originariamente seconda punta, si trasforma in centrocampista centrale per sfruttare la pulizia del tocco e nelle letture di gioco. Ad oggi, compone con Matias Silvestre (difensore abilissimo nella costruzione del gioco) il primato come uomo con maggiori passaggi tentati nell’organico della Sampdoria. Sono 66 per match, una quota che traccia la differenza sostanziale (ancora) con il Napoli e con Jorginho.

L’uruguagio, passato da Pescara prima di approdare a Marassi, ragiona anche come creatore di gioco offensivo: 9 occasioni costruite, è il quinto della rosa dopo il trequartista titolare (Ramirez), la prima alternativa ai tre uomini d’attacco (Caprari), Zapata e Praet, altro calciatore dalla tecnica raffinata. Il belga rappresenta l’hub creativo sul centrodestra o centrosinistra, Linetty e Barreto si alternano accanto a Torreira per formare un centrocampo di grande qualità e assortimento tattico e di concetto. La Sampdoria ha investito qui, proprio qui, per superare le cessioni di Skriniar, Bruno Fernandes e Muriel. Praticamente, la colonna vertebrale dello scorso campionato. Gli addii sono stati compensati dal gioco voluto da Giampaolo che pur cambiando gli interpreti ha saputo mantenere palpabile il suo backgound concettuale. Sarà divertente capire dove potrà arrivare questa squadra, partita benissimo (cinque partite su cinque vinte in casa) e con grandi margini di miglioramento. Al di là, molto al di là, del parallelo semplicistico e semplificante col Napoli di Sarri.

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