Marcello Lippi lo fece esordire in Serie A, Canè lo plasmò nelle giovanili. Boskov lo preferì a Inzaghi. Lui era un ragazzo timido che visse un settembre magico
Scoperto da Lippi, plasmato da Canè
Lo scoprì Marcello Lippi facendolo esordire in Serie A, ma chi lo plasmò fu Faustinho Canè ritornato nel Napoli come responsabile tecnico della Primavera nell’estate del 1994. Carmelo Imbriani, giovane beneventano di belle speranze, 1,80 di altezza per 70 Kg, aveva già esordito in serie A il 27 febbraio 1994 nel corso di Napoli – Cagliari, partita persa per 2 a 1 al San Paolo. Dieci minuti giocati, al posto di Buso, bastarono per fargli capire cosa era la massima serie, lo stadio del Napoli e le partite ad alto livello.
Imbriani aveva compiuto 18 anni appena due settimane prima, frequentava le superiori e pensava di iscriversi all’Isef dopo il diploma. Dopo quella gara ci fu il rientro nei ranghi e nella Primavera, una squadra che aveva già una sua fisionomia e che iniziò a saccheggiare a piene mani dalle formazioni Allievi e Berretti proprio per un patto tra il nuovo responsabile tecnico ed i dirigenti. Quando Canè si insediò, infatti, mise subito in chiaro che «vogliamo creare un gruppo tutto “interno” riducendo al massimo gli innesti “stranieri” e privilegiando i migliori tra i giocatori locali». Tra questa ennesima covata di giovani campioncini c’era, appunto, Carmelo Imbriani.
Il Napoli dei napoletani
La pietra di paragone del nuovo mister era quel famoso gruppo campano che conquistò lo scudetto con Maradona appena sette anni prima, Canè sperava ardentemente che il suo team desse giocatori alla prima squadra. Operazione non facile per svariati motivi. C’erano Scarlato, Sbrizzo, Matrecano, Longo, Caruso, Imbriani stesso ma evidentemente la loro caratura non era pari ai Celestini, Caffarelli, Muro, Ferrara, Volpecina che diedero un ottimo contributo nella conquista dello scudetto. Del resto anche il Napoli si stava rinnovando con nuovi e giovani dirigenti, con una presidenza “ballerina” tra Ferlaino ed Ellenio Gallo e Ottavio Bianchi a fare da manager. E le troppe novità spesso non sono foriere di belle notizie.
L’anno dopo accadde quello che non ti aspetti. Imbriani entrò nelle grazie di Vujadin Boskov il quale, non si sa se per una battuta delle sue o per convinzione, disse: «Io tra Pippo Inzaghi e Imbriani mi tengo mille volte quest’ultimo». La giovane punta segnò la prima rete in serie A il 14 maggio 1995 quando il Napoli espugnò il campo di Brescia. Imbriani sbloccò il risultato al 38′ del primo tempo, un gol bissato poi da Agostini ad inizio ripresa. A pochi minuti dal termine le rondinelle accorciarono le distanze con Gallo.
Seconda punta
Su di lui puntò ad occhi chiusi il tecnico serbo anche nella stagione successiva cercando di farlo diventare esterno più che punta centrale. Il centrattacco classico già lo aveva, era “Condor” Agostini, gli serviva una seconda punta. E la individuò nel giovane parente dell’onorevole Clemente Mastella, una faccenda che non lo ha certo aiutato, anzi… Boskov decise che il quintetto d’attacco del suo Napoli doveva essere Buso, Pecchia, Agostini, Pizzi e Imbriani, tutti giocatori che alla fine dell’anno misero su quasi la totalità delle presenze.
Un ragazzo timido e garbato
Proveniente da buona famiglia, figlio di un insegnante, Carmelo era un ragazzo garbato e gentile nei modi e di una timidezza che facevamo fatica a comprendere. Un ragazzo d’altri tempi ma catapultato in una realtà come quella napoletana che può esaltare ma anche bruciare la carriera di un giovane calciatore. Lo stesso giocatore era convinto gli mancasse la giusta cattiveria per imporsi. Una volta dichiarò che il suo idolo era Antonio Careca ma concluse con un «nonostante gli sforzi che faccio, il mio gioco non si avvicina al suo. Diciamo che il mio modello per il ruolo che interpreto è Paolo Di Canio». E quindi non fu mai centravanti nel senso classico del termine ma giocatore di raccordo che all’occorrenza poteva finalizzare.
La stagione 1995-96
Se l’esordio con Lippi e la prima rete con Boskov erano sembrati episodi occasionali di una carriera che lo stesso giocatore non sapeva come poteva continuare ed evolversi, il torneo della “consacrazione” fu quello della stagione 1995-96. Venticinque presenze e due reti, l’idea iniziale dello staff tecnico era quella di un giocatore che avrebbe dovuto giocarsi il posto con Di Napoli ma spesso finì che “Re Arturo” entrasse in partita in corso a Imbriani e non viceversa.
Fu un torneo che, tra partite intere e sostituzioni, mise in evidenza la grossa volontà, la caparbietà di un giocatore che sembrava non mollasse mai, forse anche per mascherare qualche difetto nella tecnica. Un atleta che napoletano non era ma sentiva in modo particolare il fatto di essere un conterraneo, di appartenere ad una terra sempre in cerca di riscatto. Carmelo aveva probabilmente addosso questo peso, quello di voler dimostrare in ogni partita che la maglia azzurra l’aveva meritata. Per questo lottava fino alla fine delle sue energie nervose e fisiche.
I gol all’Atalanta e all’Inter
Se adesso potessimo chiedere al giocatore beneventano quale è il periodo che ricorda con maggiore soddisfazione nel Napoli, crediamo non ci siano dubbi. Furono due partite consecutive festeggiate con due gol che, strano caso del destino, capitarono in un dolce inizio campionato. Proprio il 17 settembre 1995 Imbriani contribuì alla larga vittoria del Napoli (in maglia gialla con banda orizzontale azzurra) a Bergamo con l’Atalanta (le altre reti furono di Buso e Agostini) per 3 a 1 e la settimana successiva il suo gol aprì la strada per la vittoria contro una Inter con una strana maglia verde e blu, una delle più brutte della sua storia.
Al ’33 Carmelo sbloccò la partita dopo un’invenzione di Pizzi, poi pareggiò Fontolan ma il sigillo finale fu di Dumbo Buso dopo tambureggianti attacchi degli azzurri che volevano la vittoria a tutti i costi. La partita finì addirittura con un alterco tra un incazzatissimo Bianchi, mister interista, e Tommaso Starace, caffettiere del Napoli e con Pagliuca che se la prese con i raccattapalle che ritardavano la rimessa del pallone.
Fu questo il quarto ed ultimo gol di Imbriani con la maglia del Napoli. Ed oggi, guardando il calendario da lassù, si ricorderà di un delizioso settembre, col sole ed il San Paolo festante. E lui che corre a perdifiato dopo una rete sotto la Curva A.
UN CURIOSO POST SCRIPTUM
In occasione della sfida tra Napoli e Benevento, andando a spulciare nella storia della società della Strega, abbiamo scoperto che ben 12 giocatori partenopei del passato (più l’allenatore Santin) hanno allenato, in vari periodi, i colori giallorossi. Addirittura viene fuori una perfetta formazione che rispetta in pieno i ruoli ricoperti da calciatori. Ecco, quindi, l’undici degli ex giocatori napoletani che sono stati allenatori a Benevento, dall’Interregionale alla Serie A, con il dettaglio degli anni e la categoria.
FORMAZIONE BASE
Giuseppe Cavanna ( 1936-37 ) – Girone E – Serie C
Elia Greco ( 1969-70 / 1971-72 ) – Girone G – Serie D
Raffaele Sergio ( 2004-05 ) – Girone B – Serie C1
Mario Zurlini ( 1991-92 ) – Girone I – Interregionale
Marco Baroni ( 2016-17 ) – Serie B – Serie A
Rosario Rivellino ( 1978-79 / 1992-93 ) – Girone B – Serie C1
Rosario Rampanti ( 1986-87) – Girone B – serie C1
Luigi Boccolini ( 1990-91 / 1993-94 / 1994-95) – Girone C – Serie C2
Carmelo Imbriani (2011-12 ) – Girone A – Lega Pro
Salvatore Esposito ( 1995-96) – Girone C – Serie C2
Gastone Bean ( 1981-82 / 1982-83 ) – Girone B – Serie C1
RISERVE JOLLY
Giovanni Busoni ( 1958-59) – Girone G – Interregionale
Piero Santin ( 1972-73 / 1974-75 / 1975-76 / 2001 -02) – Girone C – Serie C