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Su Giaccherini e i suoi equivoci (ma è “colpa” dell’automa Callejon)

Le biografie stagionali: Giaccherini è sempre stato un calciatore di corsa, non un esterno offensivo puro. Chiuso a centrocampo, ha aspettato invano le assenza di José Maria.

Su Giaccherini e i suoi equivoci (ma è “colpa” dell’automa Callejon)

Esterno, mezzala, Callejon

Emanuele Giaccherini avrebbe potuto essere molto utile al Napoli. Solo che il progetto è stato disegnato in maniera diversa, prima e dopo di lui. È una questione di tempi, è una questione di caratteristiche tecniche. Giaccherini è arrivato al Napoli come primo rinforzo dopo l’uragano Higuain, doveva essere una riserva in più punti del campo, in più zone della formazione titolare. In qualche modo avrebbe giocato, magari come mezzala. Poi è successo che sono arrivati tre giovani centrocampisti forti, importanti, da far giocare e valorizzare. E lui ha finito per interpretare un ruolo che nella realtà non esiste: esterno offensivo di riserva, alternativa a Callejon.

Tatticamente, il Napoli dipende da Callejon. È il giocatore determinante, l’uomo che orienta i principi e il sistema di gioco, che determina atteggiamento, schieramento, l’idea stessa attorno cui gira tutto il Napoli. Callejon è imprescindibile, ma è anche instancabile. Non si ferma, non si stanca, non si infortuna (scongiuri). E quindi Giaccherini è stato la riserva di un inesauribile, un condannato perenne alla panchina. Ha segnato nelle due partite giocate da titolare, esatto, due e basta. Due gol, di cui uno bellissimo. Non può essere bocciato, non può essere rimandato. Va apprezzato per la professionalità, per non aver creato polemiche. E per questo gol, che da solo basta per far sgorgare l’applauso a una stagione.

I dati

Non varrebbe la pena andare oltre i due gol segnati nelle due apparizioni da titolari, non fosse altro che per il minutaggio totale. Irrisorio, viene da definirlo così: 386′ in tutto, meno di quattro partite e mezza. Troppo poco per poter dare una definizione della stagione, per poter esprimere un giudizio.

Qualcosa c’è, a parte le reti a Spezia e Genoa – che comunque sono la dimostrazione che il buon posizionamento e la tecnica non difettano, nelle skills Giaccherini -: il 50% dei duelli personali vinti, non è poco considerando una struttura fisica che non suggerirebbe certe percentuali. E poi una buona propensione alla conclusione: 7 tiri tentati in 284 minuti di campionato, uno ogni 40′. La percentuale di precisione è stata del 43%, non altissima. Ma Giaccherini è sempre stato un calciatore di fatica, un uomo di corsa più che un esterno offensivo. La sua è stata anche una collocazione tattica poco felice, probabilmente. Da qui parte il discorso sulle prospettive future.

Le prospettive

Il futuro di Giaccherini è e sarà una scelta di Giaccherini. Legata anche al Napoli, certo, all’eventuale arrivo di un suo “sostituto” nello slot inesistente di vice-Callejon (Ounas? Berenguer?). Di un calciatore più adatto al ruolo, quindi più “da valorizzare”. È il discorso che sta facendo il suo procuratore Valcareggi, persona squisita e corretta anche nelle dichiarazioni in radio. Se il Napoli acquista un calciatore che relegherà Giaccherini ancora più ai margini, l’addio è quasi scontato. E sarebbe anche giusto, proprio da un punto di vista etico.

Altrimenti, la scelta – come detto – è solo del calciatore. Che, nel caso, sarebbe sempre e comunque destinato ad attendere un forfait di Callejon per entrare in campo. La linea mediana è chiusa dal 3×2 (Hamsik-Zielinski, Allan-Rog, Jorginho-Diawara), quindi Giaccherini resterebbe un’alternativa come esterno offensivo. Certo, inizierebbe la stagione in condizioni fisiche migliori rispetto al 2016 (infortunio a Dimaro dopo l’Europeo), sarebbe già inserito nei meccanismi. Ma il problema resta Callejon, ed è un problema solo per Giaccherini. Perché se il Napoli funziona in un certo modo, tutto dipende dallo spagnolo. E se il Napoli funziona bene, non rinuncia a José Maria. Non ci rinuncerebbe comunque.

Il Napoli orienterà la decisione di Giaccherini, anche perché non c’è il rischio svalutazione: il milione e mezzo pagato l’anno scorso e un ingaggio ormai “medio” per il monte stipendi del club permetterebbero al Napoli di tenerlo tranquillamente in rosa, senza grossi contraccolpi economici. Una sua cessione non porterebbe a grandi vantaggi. Solo a liberare uno slot, nella lista per la Lega e nella composizione “ideale” della rosa. Il mercato deciderà il finale di un’esperienza che, semplicemente, non poteva andare in maniera diversa. Senza rimpianti, in ogni caso.

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