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Diawara è la spiegazione di come funziona il Napoli

Le biografie stagionali: Diawara è il simbolo del progetto, è un regista altro ma della stessa qualità rispetto a Jorginho. E ha margini enormi di crescita.

Diawara è la spiegazione di come funziona il Napoli

Giovane

In tutto questo, molto spesso ci dimentichiamo che Amadou Diawara non ha ancora compiuto vent’anni. Non ha ancora compiuto vent’anni. Scriverlo, leggerlo, ripeterlo, fa solo bene. Fa bene alla mente e al cuore, perché fa riflettere e insieme sussultare. Per quello che abbiamo già visto, per quello che non abbiamo visto ancora. I venti saranno toccati il 17 luglio, durante il suo primo ritiro con il Napoli. Che arriverà dopo una stagione in cui Diawara ha fatto esattamente quello che doveva fare: spiegare come funziona il Napoli. Come può e deve funzionare il Napoli.

La biografia stagionale di Diawara non si può slegare da queste considerazioni preliminari. È una contestualizzazione necessaria del personaggio, del contesto in cui si è ritrovato a giocare, a crescere. Ed è il racconto del modello che il Napoli ha deciso di importare in Italia dall’Europa: i giovani, possibilmente i più forti, acquistati e fatti crescere. Amministrati nel loro talento, allevati all’ombra del talento altrui. Gestiti, anche, perché magari all’inizio non è tempo e poi durante la stagione ci sono momenti diversi, partite diverse, esigenze diverse. Il Napoli 2016/2017 è stato il percorso di formazione e costruzione di Amadou Diawara. 28 partite giocate, di cui 18 da titolare, 1788 minuti per prendere confidenza con una qualità debordante e con una squadra che gioca un certo calcio. E che, a volte, ha bisogno di un Diawara. Non sempre, ed è questa la sua forza.

La notte di Diawara, a casa del Real Madrid

Le cifre

Una media di 53 palloni giocati a partita, con una percentuale di precisione del 90%. La fase di possesso di Amadou Diawara, nel senso di costruzione semplice, si legge in questi due dati. Non siamo ai livelli di Jorginho, ma è completamente diversa l’interpretazione del ruolo. In uno dei primi pezzi pubblicati dal Napolista su Diawara, eravamo alla vigilia di Napoli-Bologna, si leggeva questa descrizione del calciatore:

Diawara, rispetto all’ex Verona, è un calciatore più portato alla gestione del pallone che del movimento dei compagni. Se Jorginho si muove in base alla posizione del portatore e dell’avversario per gestire i tempi di gioco con il tocco semplice, l’ex Bologna fa muovere la palla anche attraverso corridoi più complicati. È una differenza minima, ma sostanziale.

Esiste questa differenza di fondo, esisterà ancora. E si aggiunge a un altro tipo di dati caratteristici, quelli riferiti alla fisicità e alla fase difensiva. Nelle sue 18 partite, Diawara ha messo insieme 47 eventi difensivi, con una media di circa 3 per partita. Stesso numero in Champions. Jorginho ha la stessa media grazie al lavoro negli intercetti, ma i duelli uno contro uno sorridono al guineano. Il 51% dei face to face dell’ex Bologna sono utili per il Napoli, la stessa quota dell’italobrasiliano ex Verona scende fino al 45%.

È una statistica che, in qualche modo, quasi prevedrebbe l’idea di un’accoppiata in un ipotetico centrocampo a quattro old style. Jorginho a impostare la ripartenza, Diawara a recuperare il pallone e a rigiocarlo, nel caso, con un raziocinio diverso ma non meno prezioso. Solo che il Napoli fa un gioco diverso, più calato nei nostri tempi, con un regista e due mezzali. E quindi, a quel punto, è più che altro l’avversario a scegliere per Sarri: laddove serve maggiore fisicità, pure a costo di perdere qualcosa in palleggio puro, dentro Amadou. Che è una garanzia. A 20 anni, da compiere.

Prospettive

In quest’ultima frase c’è il senso del tutto. Il Napoli, con Diawara, ha fatto opera di differenziazione e upgrade del centrocampo. Ha comprato un calciatore giovane, perché potesse alternarsi con Jorginho e offrire a Sarri un’alternativa. Nel senso di gioco, in modo da variare – seppure di poco – lo spartito; nel senso di uomo di qualità, perché se l’italobrasiliano si fosse fatto male nello scorso campionato sarebbe entrato Valdifiori. Quest’anno, invece, il Napoli aveva la certezza di poter contare su un calciatore giovane eppure già pronto, svezzato nel primissimo rodaggio e poi lanciato quando era il momento. Perfetta la gestione da parte di Sarri, che a fine stagione ha rimodellato la squadra intorno a Jorginho (una sola da titolare, per Amadou, nelle ultime 12 di campionato) perché Diawara non lo stava convincendo in allenamento.

Bastone e carota, per una valorizzazione dell’investimento e del calciatore. L’anno prossimo il Napoli avrà due alternative paritetiche, per qualità (elevata), nel ruolo di regista. Era quello che mancava a questa squadra, a quest’organico. Ora c’è, in questo e in altri ruoli. Ecco perché Diawara, che è fortissimo in prospettiva, spiega come funziona il Napoli. Quello dei giovani, delle alternative. Della crescita, della panchina lunga e alla quale si può attingere. Senza paura di aver commesso un errore.

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