L’amore Fiorentina-Della Valle è durato quindici anni, non ha portato trofei ma ha stabilizzato la viola nel grande calcio. Il futuro, ora, è un’incognita.
Fulmine a ciel (non) sereno
Era nell’aria, o comunque doveva succedere. L’atmosfera a Firenze era carica di tensione, la Fiorentina era sotto attacco e i Della Valle erano continuamente contestati. Tutto al passato, sì, perché la notizia è di poco fa: i proprietari del club viola hanno deciso di vendere. O comunque, hanno aperto a una possibile cessione della società. Il comunicato è abbastanza provocatorio, perché riprende più volte alcuni concetti come “gestione migliore della nostra”, “amore per Firenze”, “fiorentini veri”. Insomma, la sensazione è che i Della Valle non siano riusciti a digerire le critiche al loro operato.
Leggiamo:
La Proprietà della ACF Fiorentina comunica di essere assolutamente disponibile, vista l’insoddisfazione di parte della tifoseria, a farsi da parte e mettere la Società a disposizione di chi voglia acquistarla per poterla poi gestire come ritiene più giusto fare.
È questo il momento in cui chi vuole bene alla Maglia Viola e ritiene che la Società possa essere gestita diversamente e con maggiore successo, deve farsi avanti.
La Proprietà si rende disponibile ad accogliere offerte concrete, ovviamente solo da chi voglia veramente bene alla Maglia Viola ed abbia la serietà e la solidità indispensabili per guidare una Società impegnativa come la Fiorentina.
Se, come si auspica e si spera, ci sarà un progetto fatto da “fiorentini veri”, questi troveranno massima apertura e disponibilità da parte della Proprietà, come ennesimo attestato di rispetto nei confronti della Fiorentina e della città di Firenze.
La Società sarà nel frattempo gestita con attenzione e competenza dai suoi manager, i quali hanno tutta la stima necessaria della Proprietà e che, come sempre, lavoreranno con il massimo impegno possibile.
La storia di un progetto
Insomma, gli attriti hanno chiuso una bella storia di calcio. Di calcio e di rinascita, una situazione simile a quella vissuta dal Napoli. Il fallimento della viola è datato 2002, la Florentia riparte dalla C2 con un progetto organico, che sembra intelligente e innovativo già a una prima occhiata. Nel 2004 è già – di nuovo e subito – Serie A, con un triplo salto aiutato anche dalla promozione diretta c2 –> Serie B dell’estate 2003. Meriti sportivi, un piccolo pastrocchio giuridico che però si fa dimenticare subito.
Perché, ripetiamo, il progetto è serio e poggia sulle spalle di Cesare Prandelli. Che arriva a Firenze nel 2005 e costruisce un ciclo lungo, duraturo, importante. Luca Toni ne è l’alfiere, neanche il coinvolgimento in Calciopoli riuscirà a scalfire un lavoro che sembra in crescita anno dopo anno. La Fiorentina raggiunge la Champions sul campo dal 2006 al 2009, quattro campionati in fila, ma nei primi due casi si scontra con la penalizzazione. Nel 2008 il primo ingresso ai gironi, e un’eliminazione inevitabile; poi, nel 2009/2010, l’impresa di eliminare il Liverpool di Benitez e il furto subito contro il Bayern Monaco negli ottavi.
Prandelli lascia e saluta, c’è un primo ridimensionamento poi controbilanciato dall’investimento su Montella, Rossi, Gomez, Cuadrado. Siamo nel 2012, la viola sbatte sul Napoli in campionato (due volte quarta in Serie A e la finale di Coppa Italia del 2014) e sul Siviglia nella semifinale di Europa League, nel 2015. Mentre il Napoli perdeva col Dnipro. Poi Sousa, l’ultima illusione in un campionato iniziato benissimo, addirittura al primo posto, e concluso al quinto. Fino al declino d quest’anno.
Il fallimento (?) di un progetto
Ora i Della Valle si leccano le ferite, quelle della contestazione più che quelle economiche. La gestione del club è virtuosa, e forse il problema è proprio questo. I tifosi lamentano da anni un mercato non esattamente scoppiettante, e ovviamente l’assenza di grandi risultati.
Parlare di fallimento, però, è abbastanza ardito. Perché la Fiorentina non vince nulla dal 2001, ma la Roma ferma lo stesso cronometro nel 2008. E non c’è stato di mezzo nessun fallimento, per dire. E poi c’è un investimento che sembra(va?) reale sullo stadio, su un percorso di crescita che pare(va?) essere concepito per andare al di là del player trading. Insomma, la seconda strada da percorrere se i risultati del campo non sono soddisfacenti (come quelli del Napoli, ci viene da dire).
La Fiorentina e i Della Valle non sono riusciti ad essere all’altezza delle richieste dei tifosi. Non hanno saputo stuzzicare il loro amore. Un amore difficile, forse con troppe speranze e troppe (dis)attese. L’inizio, anche da questo punto di vista, era stato promettente. Non è andata così, almeno a voler leggere tra le pieghe della contestazione e di questo comunicato. Provocatorio, subdolo, machiavellico (per restare in città). Vedremo la reazione dei tifosi, vedremo se e come smuoverà le coscienze della tifoseria. E degli investitori, chiamati letteralmente a farsi avanti. Per il bene della Fiorentina, ma anche per il bene del calcio italiano. Che, ovviamente, non può perdere l’idea di un progetto serio legato a una piazza importante come Firenze.