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Alla Federico II convegno su sport, discriminazione di genere e omofobia

“Che genere di sport?” è il titolo del convegno che si terrà il 17 maggio a Dipartimento di Scienze sociali

Alla Federico II convegno su sport, discriminazione di genere e omofobia
Il tuffatore Greg Louganis, quattro ori olimpici, il giorno del matrimonio con Johhny Chaillot

L’iniziativa

In occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, il 17 maggio 2017 dalle ore 15, presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli “Federico II” (vico Monte della Pietà 1), si terrà il convegno dal titolo “Che genere di sport?”. Lo scopo dell’incontro è quello di sensibilizzare i presenti riguardo la lotta alla discriminazione, affrontando il tema dei generi e orientamento sessuale nello sport.

Struttura del convegno

Il convegno avrà due approfondimenti. La prima avrà come tema “Sport e donne, tra opportunità e diseguaglianze”. Parteciperanno: Francesca Boscarelli, schermitrice della Nazionale; Annalisa Cassarino e Francesca Dragotto della Università di Roma Tor Vergata; Francesco Muollo del dipartimento di Storia della Federico II e Italo Palmieri del Napoli Calcio Femminile. Modera Luca Bifulco del Dipartimento di Scienze sociali della Federico II.

La seconda parte si intitola: “Omofobia ed eterosessimo sportivo”. Con Daniela Falanga dell’associazione sportiva Rainbow, Antonello Sannino dell’Arcigay di Napoli “Antinoo”, Cristiano Scandurra e Alessia Tuselli della Federico II, Giuliana Valerio dell’Università Parthenope. Modera Francesco Pirone del Dipartimento di Scienze sociali della Federico II.

In sala, oltre a ricercatori e studiosi, ci saranno anche rappresentati dello sport e un video messaggio del nuotatore Massimiliano Rosolino. Apriranno i lavori Enrica Amaturo, direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali e Fabio Corbisiero dell’Osservatorio Lgbt della Federico II.

Tema centrale della riflessione

Ad oggi il mondo dello sport rappresenta un grande alleato per la parità dei diritti umani e lotta alla discriminazione. In un panorama internazionale come quello sportivo, non solo uomini, ma anche donne e comunità LGBT (acronimo di lesbiche, gay, bisex, transgender) sono sempre più coinvolte.
Benché lo sport idealmente contribuisca alla valorizzazione delle differenze e al superamento di stereotipi e pregiudizi, mettendo a confronto persone con origini, culture e tradizioni diverse, c’è da dire che il binomio sport-pregiudizio resti difficile da scindere.

Il lato rosa dello sport

Nonostante la volontà di avvicinare tutti tramite l’attività sportiva, questo mondo presenta qualche falla nel sistema.
Quella principale è rappresentata dalla legge 91 del 23 marzo 1981 che riconosce e valorizza i lavoratori in ambito sportivo. Purtroppo, però, non qualifica in maniera “professionistica” l’attività sportiva femminile. Questo mancato riconoscimento provoca non pochi danni al lato rosa dello sport. I principali sono l’assenza di tutele sanitarie, assicurative e previdenziali, oltre che di quelle salariali. Tutto ciò porta ad una bassa voglia di realizzarsi in questo ambito.

LGBT e lo sport

Il discorso si fa più delicato quando lo si estende alla comunità LGBT. Questa, per paura di essere soggetta ad omofobia da parte delle tifoserie, evita di prendere parte ad attività sportive. Molti atleti infatti, pur di portare avanti la propria passione, si vedono costretti a nascondere il proprio orientamento sessuale. Ultimo problema, ma non per importanza, riguarda la partecipazione di transgender alle competizioni agonistiche. Questa gli viene vietata per “vantaggi sleali” in merito a discorsi ormonali e di livelli di testosterone.

Queste differenze spesso passano inosservate da chi non c’è dentro, ma rappresentano un ennesimo ostacolo che la nostra società deve saltare per raggiungere il traguardo rappresentato dal progresso.

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