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Come gioca il Crotone: garra e varietà di sistemi per tenere viva la speranza

Difesa bassa, occupazione degli spazi e ripartenze sull’asse Falcinelli-Tonev: Nicola proverà così l’impresa al San Paolo.

Come gioca il Crotone: garra e varietà di sistemi per tenere viva la speranza

Lotta ancora viva?

Se la lotta per la salvezza non si è ancora chiusa definitivamente già nella prima metà del girone di ritorno e mantiene un pur minimo margine di incertezza, lo si deve al Crotone. A fine gennaio, il successo dei calabresi nello scontro diretto contro l’Empoli ha impedito che i toscani potessero scavare un solco già decisivo sul trio di coda. Da allora, però, gli uomini di Nicola si sono praticamente fermati. Certo, avere affrontato a febbraio Juventus, Roma e Atalanta non ha aiutato, ma nelle ultime sei gare il bottino è di un solo punto (domenica scorsa, con il Sassuolo) e con una sola rete segnata, due domeniche fa da Stoian contro il Cagliari.

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In effetti, contro gli emiliani, contro i sardi e nello scontro diretto contro il Palermo, si sarebbe potuto fare di più. Vincere anche una sola di queste gare avrebbe potuto dare un’inerzia differente al prosieguo di stagione dei pitagorici. Anche perché l’Empoli è sempre lì (un solo punto nell’ultimo mese e mezzo pure per gli uomini di Martusciello). Di questo passo, però, purtroppo per loro i rossoblu’ difficilmente andranno lontano.

Più che i loro effettivi numeri di classifica (penultimo posto a 14 punti, secondo peggior attacco con 21 gol segnati, quarta peggior difesa con 45 gol subiti), sono altri gli indicatori che ci dicono di una squadra in grande affanno. Il collettivo di Nicola è quello che meno di tutti tiene il pallone nell’intera Serie A (per il 41,3% del tempo) e quello che riesce a giocarlo con meno efficacia (67,9% di passaggi riusciti: vale a dire che in pratica uno su tre viene sbagliato o finisce preda degli avversari).

Aggressività

Eppure, è una squadra che nonostante le difficoltà e gli enormi limiti è tutto meno che rassegnata. L’aggressività non manca di certo: terzi per falli commessi (16 a partita) e per tackles (18,9 a match). Nemmeno la voglia di rendere difficile la vita agli avversari: in relazione al fatto di tenere pochissimo il pallone, il Crotone non subisce nemmeno così tanto: 14,9 tiri concessi a partita sono un dato non distante, per dire, da quello del Milan (14,2) e comunque migliore di diverse squadre (Palermo, Sassuolo, Pescara, Empoli, Cagliari).

I meccanismi difensivi predisposti da Nicola non sono così semplici da scardinare come si potrebbe pensare. I limiti maggiori, semmai, sono di tenuta mentale e fisica per tutti i novanta minuti. Se le gare fossero finite nei primi tempi, il Crotone avrebbe la bellezza di 33 punti, addirittura 19 in più del saldo attuale. Segno di un avversario comunque difficile da affrontare e capace di stare a lungo in partita. Con almeno sei sconfitte maturate solo negli ultimi dieci minuti di gara.

Varietà tattica

Insomma, guai a sottovalutare i pitagorici. Che hanno rivisitato un po’, nel corso della stagione, il loro abito tattico. A inizio anno, Nicola aveva schierato i suoi prevalentemente con un 4-3-3 nominale. Negli ultimi tempi, si è assistito al passaggio in maniera più o meno fissa al 4-4-2, con tendenza a diventare 4-5-1 o 4-4-1-1 in fase di non possesso. Una scelta dal chiaro obiettivo di blindare le corsie esterne, per ridurre i pericoli soprattutto in quella zona di campo. Anche se in qualche caso, in base alle caratteristiche dell’avversario, Nicola ha optato per una difesa a tre pronta, di fatto, a diventare a cinque. Come per esempio avvenuto contro Atalanta e Roma, che non a caso difendono anche loro a tre.

Crotone

I differenti schieramenti in campo del Crotone rispettivamente contro Juventus, Roma e Atalanta. Da notare come gli esterni, nonostante la pressione data da avversari più forti, cerchino di non farsi schiacciare e di guadagnare metri sul campo.

Per quelle che sono le caratteristiche del gioco del Napoli, Nicola potrebbe ragionevolmente ricorrere a entrambe le soluzioni. Confermare il 4-4-2 “classico” per chiudere a doppia mandata le fasce laterali ed evitare di subire troppo la spinta degli esterni azzurri. In quel caso, la partita si giocherebbe molto sull’apporto delle catene formate da Rosi-Rohden e Martella-Stoian. Oppure ricorrere a una linea a cinque garantendosi sia la parità numerica in mezzo al campo sia l’occupazione degli spazi per limitare il più possibile i giochi a tre. Situazione, se vogliamo, ideale quest’ultima nel caso in cui Sarri scegliesse di far partire dal primo minuto Milik, che potrebbe avere la possibilità di giocare spesso in duello uomo contro uomo.

Di sicuro, è difficile attendersi un atteggiamento proattivo. Il canovaccio della partita sembra piuttosto delineato: calabresi ad aspettare molto bassi gli azzurri, chiudendo tutti i varchi e tentando qualche sortita offensiva quando se ne dovesse presentare l’occasione lanciando in ripartenza Falcinelli e il partner d’attacco Tonev, che se messi in ritmo possono creare problemi con la loro velocità. La partita col Palermo dovrebbe essere stata da insegnamento per gli uomini di Sarri: anche un avversario all’apparenza dimesso può sfruttare il minimo errore. Servirà pazienza nel far girare il pallone di fronte alla maginot avversaria e tentare di muoverla il più possibile, variando la circolazione rapida agli spunti uno contro uno, per far valere la maggiore cifra tecnica. Specialmente a centrocampo, dove ogni duello potrebbe trasformarsi in un potenziale mismatch.

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