Storia della maglia numero tre, da Innocenti e Francini fino all’albanese Vinyei. Terza puntata della Hall of Fame Napolista. Chi è stato il più forte?
Il calcio racconta che i personaggi di questa classifica una volta si chiamavano ”terzini sinistri” o “fluidificanti”. Atleti che usavano prevalentemente il piede mancino e che gli allenatori spesso si ostinavano a far palleggiare anche col destro, ma con scarsi risultati. È anche vero che chi giocava a sinistra era più portato ad offendere che a difendere rispetto al classico e roccioso “2”, che di solito affrontava l’ala destra degli avversari (supporto agli attaccanti avversari) e che faceva la fascia quando le fasi della gara lo permettevano. Il compito dei ‘sinistrosi’ era quello di limitare le offensive del numero sette e, quando possibile, anche spingere alla ricerca del cross buono per le due punte ‘amiche’.
Negli anni anteguerra il difensore col piede sinistro era schierato in una difesa in linea, la sua mansione era quella di spazzare l’area, fare lunghi rilanci e mordere le caviglie al suo avversario. Nulla di più. Il prototipo del terzino sinistro moderno è stato Facchetti nella Grande Inter, ma anche il Napoli ha avuto in Dolo Mistone un ottimo precursore. Poi, tra la fine degli anni ’70 e gli ’80, arrivò Cabrini e il numero 3 diventò quello del fluidificante, il ruolo iniziò ad essere identificato con coloro che spingevano per crossare e correre avanti e indietro lungo la fascia di competenza.
Con la rivoluzione del calcio moderno, entrambi i terzini spingono e non c’è più la classica distinzione tra destro e sinistro, ovvero il marcatore e il fluidificante. E chi vuole vedere del bel calcio offensivo sa già che Hysaj e Ghoulam, alla fine della gara, faranno gli stessi chilometri.
10. Berra Bruno 1914 – 1992 (117 presenze – 0 gol)
Milanese purosangue, classe 1914. Lascia il Vigevano per accasarsi al Milan e poi raggiunge Napoli nell’estate del 1941, dove forma una fenomenale coppia di terzini con Pretto. Molto tecnico, quasi pelato, ha i piedi troppo buoni per essere un semplice difensore. Rimane con gli azzurri fino a tutto il campionato 1946/47, tranne l’intermezzo con la Pro Italia di Taranto in pieno periodo bellico, totalizzando 117 presenze. Memorabile una sua gara col Milan dove non fece toccare palla a Puricelli, limitando i danni per il Napoli. In quell’occasione il Corriere dello Sport scrisse: «l’anziano e cocciuto Berra era riuscito benissimo nel suo compito». Chiude la carriera nella Nocerina, in Serie B, a 34 anni.
9. Castello Luigi 1905 – 1983 – (175 – 0)
Ligure, classe 1905, terzino di dato e di fatto. Il Napoli lo acquista dalla Dominante di Genova e dopo un pò di gavetta dietro a Vincenzi e Innocenti, i due terzini titolari, conquista il posto fisso in prima squadra, che mantiene fino al 1938/39. Sapeva marcare come un mastino ma anche impostare l’azione con giudizio ed intelligenza. Un fedelissimo, nove tornei col Napoli, 172 partite ma zero reti. Intraprese la carriera da allenatore con l’Avellino ma senza particolare fortuna.
8. Carannante Antonio 1965 – (69 – 1)
Puteolano, marchio di fabbrica 1965, dopo tanta esperienza nelle giovanili vede finalmente la prima squadra. In azzurro viene lanciato da Marchesi a soli 16 anni. Difensore di fascia sinistra, non alto ma ben piantato nel fisico, non disdegnava le proiezioni offensive e gli affondi con un discreto piede. Fu 4 volte nazionale Under 21 e fu tra i napoletani che contribuirono al primo scudetto al fianco di Maradona, un orgoglio che certamente Antonio non dimenticherà facilmente. Giocò poco perchè davanti ebbe terzini considerati inamovibili come Citterio, Boldini e Filardi anche se, per quanto dimostrò in campo, poteva tranquillamente giocarsela con tutti.
7. Mistone Dolo 1936 – (139 – 1)
Un napoletano verace di cui pochi parlano, uno che ha seminato e raccolto poco anche perchè fa parte di un Napoli che fa su e giù con la B, inizio anni ’60. Per molti fu il primo terzino fluidificante, ancor prima dell’esplosione di Facchetti, il primo a dare un’interpretazione più moderna al ruolo. Cresciuto nella società, calca il ‘Collana’ e il ‘San Paolo’, milita in prima squadra dal 1958/59 al 1964/65, ultimo torneo di B prima dell’avvento di Sivori e Altafini. Snello e veloce, testardo ed elegante, sente la ‘napoletanità’ e dà tutto per la maglia. Vince la Coppa Italia nel 1962 anche se non scende in campo nella finale contro la Spal. Curiosa la continuità col presente quando nel 2009, in occasione dei cinquanta anni del San Paolo, il presidente De Laurentiis donò a lui, Vinicio e Greco una maglia celebrativa col numero 50.
6. La Palma Antonio 1951 – (94- 4)
Il bel brindisino voluto da Vinicio, arriva a Napoli per prendere il posto di un declinante Pogliana. Viene però spesso impiegato anche da “5” ma rende molto meglio sulla fascia sinistra, dove corre come un forsennato e qualche volta metto lo zampino in zona gol. Si disimpegna con profitto quasi sempre, ovvio che gli diedero fastidio le presunte illazioni di un suo flirt con Angela Luce quando non faceva partite all’altezza. Era di sostanza, concedeva poco allo spettacolo e la sua militanza in azzurro, dove fa coppia con Bruscolotti, dura per 94 gare e 4 gol. L’ultimo anno col Napoli è in chiaroscuro, sembra un giocatore che non si ritrova più. Viene ceduto all’Avellino prima di ritornare nella sua Puglia, prima a Lecce e poi a Bari. Vince la Coppa Italia nel 1976.
5. Innocenti Paolo 1902-1983 (213 – 16)
Nasce a San Paulo del Brasile, ma è napoletano di adozione fino al midollo. Le sue prime esperienze calcistiche in Italia, però, le fa a Bologna. Arriva a Napoli nel 1926 giusto in tempo per dire “c’ero anche io quando è stata fondata la società”. Fu elemento che si faceva notare in difesa e non certo per il suo naso pronunciato che gli valse il nome di ‘Pippone’. Molto corretto, di rendimento sempre elevato, ebbe nella continuità la sua arma migliore. Non mancava quasi mai e riuscì a fare 114 partite di seguito senza subire un infortunio o una squalifica. Rimase sempre legato al Napoli, aprì il famoso bar a S. Brigida, poi ebbe una breve esperienza da allenatore (rileva la panchina di Vojak nel 1942) e da dirigente. Fu 4 volte Nazionale B negli anni ’30.
4. Francini Giovanni 1963 – (184 – 10)
Cuore Toro ma oggi anche Cuore Azzurro vista la sua presenza costante in trasmissioni televisive partenopee. Indubbiamente, Napoli gli è rimasta nel cuore: quando può, Gianni viene a trovare gli amici che ha lasciato in città. Arrivò nella nostra città nel pieno della maturità, il Torino voleva realizzare una bella somma e si aprì l’asta tra Roma e Napoli. Alla fine la spuntò Moggi perché c’erano il tricolore e Maradona. Un mancino con la baionetta sempre pronta, grintoso, pronto al sacrificio, in partita era più nella metà campo avversaria che a difendere. Resta indelebile il gol segnato al Real Madrid al San Paolo che aprì la speranza al passaggio del turno. Chiuse la carriera nel Genoa, ma a Napoli lasciò una bella parte di sé.
3. Marangon Luciano 1956 – (26 – 0)
Trevigiano, classe 1951, “sciupafemmine”, è un prodotto del vivaio della Juventus che non crede molto in lui e lo spedisce a Vicenza. In biancorosso, diventa uno dei fluidificanti più forti del campionato italiano. In cinque anni coi berici fa cose egregie e nel 1980/81 Juliano lo porta al Napoli insieme a Krol per costruire una squadra vincente. Marangon aveva attitudine alla propulsione, un piede educato, sapeva crossare e dribblare entusiasmando il pubblico di Fuorigrotta. Purtroppo resta una sola stagione in azzurro, poi va alla Roma e infine al Verona dove vince un clamoroso scudetto nel 1984-5. Chiude la carriera nell’Inter quando aveva già dato il meglio di sé. Una sola presenza in azzurro, lanciato da Bearzot contro la Germania Est in amichevole.
2. Pogliana Luigi 1945 – (196 – 6)
Classe 1945, un giocatore che ha sentito la maglia azzurra come una seconda pelle. A lui va il merito di essere stato un pilastro nel Napoli di Chiappella e Vinicio, raramente un giocatore ha dato tanto con due sistemi di gioco diversi. Eppure il silenzioso Luigi, legnanese, non fece mai una polemica e quando il suo ciclo finì diede spazio ai più giovani. Difensore di fascia sinistra con una particolare attenzione per la fase di spinta, gioca ben 10 campionati consecutivi in azzurro totalizzando 196 presenze e sei gol, alcuni dei quali alle rivali storiche, Juve e Inter. Il suo palmarés meritava davvero di più. Nella sua bacheca, infatti, c’è solo la Coppa Italia del 1976.
1 Vinyei Eugen 1922 – 1976 (222 – 6)
Nato in Ungheria, classe 1922, gioca anche in Cecoslovacchia prima di approdare in Italia alla Pro Patria. Il Napoli di Lauro sborsò una grossa cifra per prenderlo e nel 1951 approdò al ‘Collana’. Giocatore di qualità eccelse, una volta si diceva di ‘scuola danubiana’, sapeva sbrogliare con apparente calma anche le situazioni più complicate ed i suoi rinvii erano proverbiali. Aveva anche un piede dinamitardo e realizzò diversi gol. Ebbe un rendimento altissimo, in coppia con un altro ‘tosto’ come Delfrati, e disegnò quattro campionati da incorniciare prima di essere venduto alla SpaI (il Napoli doveva cedere uno straniero perchè aveva già Vinicio e Jeppson in squadra) e di emigrare negli Stati Uniti.
La prima puntata, sui portieri, è stata pubblicata il 10 novembre 2016
La seconda puntata, sui terzini destri, è stata pubblicata il 4 gennaio 2017