Franco Arturi elogia Sarri e il suo gioco: «Fossi il Napoli, me lo terrei stretto». Critica però il suo eloquio e lo invita a indossare lo smoking.
Oggi la Gazzetta dello Sport ha sfornato un giornale interessante. Oltre allo storico retroscena su Buffon che nello spogliatoio ha spiegato ai compagni la differenza tra il campionato italiano – dove ci sono i Giampaolo – e la Champions League – dove questi allenatori non si trovano -, c’è un articolo da leggere di Franco Arturi nella sua rubrica delle lettere “Porto Franco”. Il tema è Maurizio Sarri. L’autore della lettera – firmata – si pone dei dubbi sull’allenatore del Napoli che fa giocare Diawara col contagocce, litiga Insigne, non ha mai schierato Rog (ci aggiunge anche il no ad Aubameyang, ma qui non ce la sentiamo di assumere come vero il rifiuto di Sarri) e conclude:
Non è che il tecnico si stia incartando nelle sue stesse convinzioni tattiche e stia diventando una nuova edizione di Zeman?
Lunga e articolata la risposta di Franco Arturi che nel titolo viene così sintetizzata: “Sarri si merita tempo e rispetto”. Arturi parte dal gioco di Sarri e dice: «mi piace tutto, è l’ultimo dei sacchiani ma in lui non vedo tracce di integralismo (…) La fase difensiva è sempre la più europea fra quelle proposte dalle nostre squadre. Il Napoli gioca bene. Il che non significa che possa e debba vincere sempre: lo stacco della qualità della rosa rispetto alla Juve e alla Roma resta molto alto. L’usura è elevata”.
“Un tecnico del genere me lo terrei stretto ed eviterei di scaricargli addosso aspettative esagerate. Che cosa si vorrebbe da lui esattamente? Non mi pare di intravedere nel suo lavoro grandi impuntature: l’anno scorso ha mostrato grande flessibilità”.
E aggiunge, a proposito dei giovani, un concetto interessante: “Può essere che l’insistenza di critica e ambiente per ritoccare la formazione sortisca l’effetto opposto nelle decisioni di una personalità forte”.
C’è però un aspetto di Sarri che non piace a Franco Arturi.
“C’è invece un aspetto comportamentale, apparentemente di poco conto, che non mi piace del tecnico. Soprattutto il linguaggio nelle occasioni pubbliche: levigato come un foglio di carta vetrata, ricco di inutili volgarità, dette con troppa leggerezza e scambiate per spontaneità. Naturalmente non si va in galera per questo ma l’ultima risorsa del comico per far ridere è la parolaccia: lasciamogli volentieri questa opzione dei mediocri”.
Arturi prosegue: “L’altro aspetto negativo è un certo indulgere alla lagna e al complottismo che arriva fino a quel «è più facile cacciare un allenatore in tuta che uno in giacca e cravatta». Se fosse così, mi presenterei in smoking in panchina e così mi creerei un vantaggio sul collega. Uno che arricchisce il calcio italiano come Sarri non può imbucarsi in quei pensieri”.