Elogiato per le critiche alla società, ora viene processato per Rog e Diawara e per una insufficiente applicazione del turn over.
Un tempo, lo scorso anno, Maurizio Sarri disse: «L’opinionista è il mestiere più bello del mondo. Un giorno dici una cosa e la settimana successiva puoi dire l’esatto contrario». È difficile non dare ragione al tecnico nato a Bagnoli e cresciuto a Figline Valdarno. Fino a qualche giorno fa, profeta del calcio ingabbiato da una società non all’altezza; da ieri pomeriggio alle 16.50 un allenatore prigioniero delle sue paure, non in grado di sfruttare l’ampiezza della rosa che la società non all’altezza gli ha messo a disposizione.
“È l’opinionismo, stupido” direbbe un suonatore di sassofono dell’Arkansas. Colpisce. Colpisce soprattutto noi del Napolista, voce – non sappiamo quanto unica ma certamente isolata – che nel dopo Genoa-Napoli disse che Sarri aveva sbagliato, era incappato in un errore grossolano, aveva trasformato una polemica nei confronti degli arbitri – peraltro sacrosanta, suffragata dalle immagini – in uno scontro interno. Autolesionismo, per non dire altro. Eppure in quei giorni, il corpaccione mediatico e del tifo si schierò come un sol uomo con Maurizio Sarri ancora più colpevole – secondo noi – perché si era ritagliato non sappiamo quanto inconsapevolmente il ruolo di leader dell’opposizione interna e aveva sfruttato l’allucinante e allucinata contestazione nei confronti dei De Laurentiis. Papponista da stipendiato del pappone.
E colpisce che oggi quegli stessi che si erano schierati con Sarri adesso, con nonchalance, lo accusino di non sfruttare tutti i cavalli del motore Napoli. E addirittura lasciano supporre un disaccordo del presidente per la gestione della rosa. Colpisce ma, va da sé, non sorprende. Ormai il bar sport spadroneggia. E il turn over ha preso il posto delle critiche agli arbitri. Eppure ieri nel post partita Sarri ha fornito una spiegazione da signore dello sport: ha parlato di down psicologico, di scarico mentale. Del tutto naturale per una squadra forte che non ha tanta esperienza a certi livelli. Battere il Benfica 4-2 in Champions non è la norma, nemmeno per una squadra da seconda fascia. La prima sconfitta dopo nove partite è un evento del tutto fisiologico, peraltro in un week-end in cui hanno perduto Barcellona e Manchester City (addio imbattibilità) e Bayern e Real hanno pareggiato in casa. Non solo, ha affrontato anche il tema dei temi: la difficoltà a portare a casa le partite sporche. Per la prima volta, ha scartato dal suo binario della perfezione calcistica. Va altresì ricordato che ieri sera nel salotto Sky hanno detto che il Napoli non vince in trasferta dopo essere andato sotto 1-0 dal 2011, segno che si tratta di un problema strutturale. Perché, come abbiamo ripetuto fino alla noia, il miglioramento dal livello nove al livello dieci è quello più arduo da compiere, quello che richiede più sacrifici.
Ma oggi non si parla che del turn over. Ricordiamo che anni fa un allenatore sovrappeso venne massacrato e deriso per il turn over. E che se avessimo perso con Rog e Diawara – evento probabile, visto il Napoli di ieri a Bergamo – avrebbero scritto che è assurdo mandare allo sbaraglio due giovani in un match così importante. Grassi lo scorso anno era un acquisto non all’altezza, ora improvvisamente viene utilizzato per screditare l’essere conservativo dell’allenatore del Napoli. Dell’aspetto psicologico non si parla. Poi, lo sappiamo e lo abbiamo “denunciato” più volte, Sarri soffre la tensione e quindi vuole evitare ogni confronto con la Juventus. A modo suo, vuole proteggere la squadra. Non lo abbiamo certo scoperto ieri.
Bisogna però abbozzare un ragionamento. Noi, ovviamente, da rafaeliti, non possiamo che essere per il turn over. Ma se riconosciamo, e lo riconosciamo, che il gioco del Napoli è una macchina perfetta con meccanismi scientifici, con giro palla da scuola calcio e inserimenti da università del pallone, bisogna poi ragionare di conseguenza e ammettere che per entrare in questi meccanismi bisogna studiare, applicarsi e aspettare un po’. Siamo certi che Sarri ha in testa un suo Napoli futuro. Che però non può prescindere dal Napoli presente. E il passaggio non può che avvenire gradualmente. Tanto per fare un esempio, non è che il Napoli può improvvisamente giocare senza Jorginho, anche se l’allenatore ha chiarissimo che ormai la fonte del gioco azzurra viene puntualmente ingabbiata. Lo abbiamo visto ieri con l’esperimento dei due centravanti: in una macchina perfetta, le mosse della disperazione raramente funzionano.
Nello sport, quindi anche nel calcio, esistono anche le sconfitte. I processi di trasformazione richiedono tempo. È mortificante anche per il giornalismo ridurre tutto alla leva on-off secondo il risultato. Colpisce anche come, a mo’ di riflesso condizionato, appena l’ingranaggio si inceppa ecco che riemerge il passato “non nobile” di Maurizio Sarri, quel suo aver lavorato in banca, come se fosse un peccato. Ecco cosa scrive la Gazzetta dello Sport oggi in un editoriale di Luigi Garlando.
Sarri deve meditare. Per entrare nel suo Napoli pare che servano i tempi d’addestramento di un astronauta della Nasa. Rog e Diawara rischiano di invecchiare a Castel Volturno senza esordire. Grassi, nella stagione scorsa, ha giocato briciole e ieri ha vinto con doppio gusto. Forse Sarri dovrebbe smarcarsi dalla prudenza da ex bancario e investire di più sui giovani, visto che l’Euro-Napoli è costretto a vivere di turnover.
Prudenza da ex bancario. Oggi Sarri non è più colui il quale smaschera le deficienze di una società. Né tantomeno il pupillo di Arrigo Sacchi. È improvvisamente diventato un problema. A noi piace ricordare che dopo sette partite di campionato, il Napoli è secondo in classifica, ha il terzo miglior attacco e la seconda miglior difesa (il Genoa ha una partita in meno). Oggi a noi pare assurdo criticare Sarri. Così come è parso assurdo il coro di elogi per le sue critiche fuori luogo alla società.