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Una proposta: diamo a Marek Hamsik la maglia numero dieci

Per attaccamento alla squadra e alla città, il capitano merita un’investitura tanto importante. Anche se poi, umile com’è, rifiuterebbe.

Una proposta: diamo a Marek Hamsik la maglia numero dieci

Lui è stato il più grande di sempre. Un connubio perfetto di tecnica, fantasia e politica. Il calciatore migliore di tutti i tempi, senza dubbio. Ha indossato la maglia azzurra. Ha dimostrato amore per la città e ci ha portato alla vittoria degli unici due nostri scudetti. Per sette stagioni, tra alti e bassi – non dimentichiamo che il San Paolo l’ha fischiato, a Lui – per 259 volte ha messo scarpe, calzoncini e si è infilato la numero 10. Ha fatto molto parlare di sé nel bene e nel male. Addirittura “pal ‘e fierr” Giuseppe Bruscolotti gli concesse la fascia da capitano con la promessa che avremmo vinto il tricolore. Non oso manco scrivere il suo nome. Ricordo da piccolo la Sanità, quegli anni, io per strada con la parrucca riccioluta in testa, il completino del Napoli e la festa a via Foria, le sfilate e i colori. Riesco ancora a sentire il frastuono e le lacrime del popolo azzurro.

Fatta questa doverosa premessa, io credo sia arrivato il momento di riassegnare quella numero 10. O almeno offrirla a un altro calciatore. Mi spiego.

In queste settimane convulse di calciomercato, noi tifosi partenopei abbiamo invocato a gran voce l’amore, l’attaccamento alla maglia, abbiamo sofferto per un tradimento fatto da un altro argentino (non nomino manco lui, ma per i motivi opposti). Ci siamo fatti prendere dall’emozione, abbiamo insultato e ci siamo arrabbiati (si l’ho fatto anche io), abbiamo creduto che i mercenari avessero preso il sopravvento su tutto e tutti. La battaglia l’avevamo persa, noi ultimi romantici.

Poi l’altro giorno ho visto le immagini di due bambini che hanno calpestato l’erba del San Paolo, hanno preso un pallone e hanno iniziato a tirare per fare gol al proprio papà. Non un gesto casuale. Quello stadio è casa sua e quel giovanotto con la cresta ha chiamato i piccoli a giocare. Il ragazzotto venuto dall’est nato nel 1987, a 19 anni ha indossato la maglia numero 17 e l’ha tenuta fino ad oggi, giurando amore eterno alla città e alla squadra. 81 gol (come Lui) 403 presenze. È destinato a diventare il recordman di presenze in maglia azzurra. Rimarrà per sempre all’ombra del Vesuvio. L’ha detto e io ci credo.

Non è un calciatore qualsiasi, ma uno dei migliori centrocampisti europei, un vero e proprio campione che avrebbe potuto tranquillamente andare in un “top club”, vincere trofei e guadagnare cifre molto, molto, alte. Anche lui è stato fischiato, sostituito spesso, contestato a volte. Ma non ha mai detto una parola di troppo o fuori luogo, mai una sbavatura, mai una protesta clamorosa, mai esposto ai media in modo esagerato. Mai una polemica pretestuosa.

Per esempio se cercate su Youtube il video del suo compleanno, girato nel ritiro a Dimaro, si vede ancora una volta il suo volto timido, quasi a scusarsi per gli schiamazzi che fanno tutti in sala. Ha dimostrato sul campo e con i fatti la sua classe. E si è conquistato la fascia di capitano, non è stato un regalo. È forse una delle ultime bandiere ancora in piena attività (escludo Totti, ormai a fine carriera e di un’altra generazione), non solo in Italia, ma nel panorama del calcio mondiale.

La dico così: Marek Hamsik merita la maglia numero 10. Già immagino le facce e lo storcere delle bocche. Discutiamone. Penso che, come minimo, gli vada offerta. Poi lui, credo, con il suo timido sorriso abbasserà lo sguardo per l’emozione e dirà di “no”, che non se la merita, di D10S ne esiste uno solo.

Ma qualcuno deve chiederglielo.

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