A Napoli i casi Higuain e Insigne, in Brasile Gabigol: estremizzazione familiare dei propri interessi e ipocrisia pubblica. Come scrisse Banfield
Questa grottesca estate del calciomercato, a urne aperte, pardon a campionato ormai iniziato, disegna una nuova antropologia del futbol con figure novelle che promanano dal capitalismo reale e globale. Del malefico gioco dei procuratori si sa tutto e il luciferino Raiola è capopopolo di una casta che sguazza in piscine di dollaroni modello Paperone. Ma il fenomeno vergine che surfeggia sull’onda declinante di questo folle agosto è senza dubbio quello che potremmo definire il nuovo familismo amorale. Per chi non lo ricordasse, sul finire degli anni sessanta, era il 1958, un antropologo americano di nome Banfield studiò a lungo le dinamiche di un paesino lucano. I risultati furono pubblicati in un saggio che fece storia proprio perché coniò il termine di familismo amorale, inteso come architrave atavica della società meridionale. Orbene, cosa scoprì il buon Banfield? Scoprì che le famiglie mancavano di un ethos comunitario, diciamo pure di etica civica, perché perseguivano soltanto i loro interessi materiali ed economici senza curarsi del bene comune. Di qui l’arretratezza del Mezzogiorno e l’assenza di moralità familiare. Familismo amorale, appunto. E di qui, anche, quella letale ipocrisia dei clan familiari, soprattutto democristiani, che una volta al potere promettevano di fare l’interesse comune ma in realtà si occupavano soltanto di accrescere le loro ricchezze.
Fatta l’indispensabile premessa, il calcio italico, anche qui a Napoli, è lambito da una sorta di neofamilismo amorale esploso in queste settimane. A dire il vero non solo il calcio nostrano. C’è un’immagine video di qualche giorno fa e che vede riuniti attorno a un tavolo genitori, familiari e affini di quell’attaccante chiamato Gabigol, impegnato alle Olimpiadi di Rio con il Brasile. Tutti i partecipanti alla riunione indossano la maglia di Gabigol e il cronista riferisce che ancora non è stata presa una decisione sul futuro del giocatore. In ballo, il solito ingaggio milionario da dividere tra i presenti. Ecco il punto. La pietra miliare del nuovo familismo è la trasfigurazione del talento calcistico in un tesoretto da custodire e amministrare, e ovviamente da aumentare a beneficio di padri, madri, fratelli, sorelle, cugine, cognati, affini vari. E’ una tendenza molto sviluppata nell’intero orbe terracqueo, ma limitiamoci ai casi che ci riguardano. La famiglia Higuain. La famiglia Insigne. La famiglia Icardi-Wanda Nara. È probabile, anzi certo, che sul modello Gabigol, e ancor prima della Copa America, il vertice familiare dei Pipita’s abbia messo a punto la strategia filogobba: Pipa padre, Pipita figlio e goleador, Pipita figlio e procuratore. Indi, la deflagrazione dell’immane tradimento sul suolo borbonico e il conseguente e parallelo avvio della soap opera “Wanda, Maurito e Aurelio” con l’irruzione sulla scena di altri figli (Wanda ne ha tre da Maxi Lopez e quasi due da Maurito) e altre esigenze familiari, compresa quella di festeggiare romantici anniversari con riso allo zafferano ricoperto da foglia d’oro puro. Infine, sulla scia sperimentata dai Pipita’s la grana Insigne, dove il fortunato padre della nidiata frattese ha covato due pulcini dalle uova d’oro e d’argento. Fin qui nulla di male, obietteranno i lettori convinti che l’unico familismo amorale sia quello dei gettoni milionari per la famiglia De Laurentiis (marito, moglie e figlio). In realtà, grattando le richieste di soldi travestite da dichiarazioni di malcontento per il progetto che non è vincente eccetera eccetera e che non mette al centro il giocatore malpancista (ci mancava solo l’umanesimo calcistico), s’individuano nitidamente le condizioni poste da Banfield per il familismo amorale: estremizzazione familiare dei propri interessi e ipocrisia pubblica. Sia Higuain, sia Insigne hanno infatti denunciato la presunta mancanza di un progetto, ossia il perseguimento dell’interesse comune dei tifosi del Napoli, per aumentare la disponibilità delle casse familiari. Anche perché, nel caso di Insigne, si sovverte pure l’onere della prova: sono i gol e le prestazioni, e non i soldi, a mettere al centro di un progetto un giocatore.
Post scriptum. A proposito di procuratori e dei loro megafoni. Su un’emittente campana c’è lo strepitoso spot di un programma condotto da Raffaele Auriemma. Strepitoso perché Auriemma è tale e quale in modo impressionante, come voce e toni, a Roberto Giacobbo di “Voyager”, a sua volta imitato da Crozza come conduttore di “Cazzenger”. Appunto.