Me ne sto seduto al bar a sfogliare un libro mentre aspetto che mi portino il caffè, quando si avvicina uno sconosciuto che mi chiede se si può sedere. Lo guardo per alcuni secondi, chi mi conosce sa che questa cosa mi infastidisce; nessuno deve interferire con i miei caffè, figuriamoci uno sconosciuto. Non conta nemmeno il fatto che io sia seduto in un bar di Napoli, di Venezia o di Milano, il caffè che sia buonissimo, buono, decente, chiavica è comunque il mio caffè, che voglio bermi in solitudine. Comunque, sono una persona educata, faccio un sospiro d’ordinanza, con un sottinteso “e ch’ pacienza”, e gli faccio cenno di accomodarsi. È stato un grave errore, perché questo oltre a sedersi vuole addirittura parlare.
«Buongiorno, lei non mi conosce, ma forse avrà sentito parlare di me, sono Nicolas Higuain, fratello e procuratore di Gonzalo».
Lo guardo, adesso ha tutta la mia attenzione, e gli dico:
«Lei è addirittura due cose di Higuain, io solo una, sono un suo tifoso. Ed essendo solo tifoso mi domando in cosa potrebbe esserle utile una conversazione con me. Ma la ascolto, prego, tanto ormai il caffè ce lo siamo intossicato».
«Grazie per la gentilezza e la pazienza, sul serio. Avrà letto i giornali di questi giorni, le notizie circa il fatto che non abbiamo intenzione di rinnovare il contratto con il Napoli».
«Non leggo i giornali sportivi d’estate, questo è un libro? Vede? Ne ha mai visto uno? Ah, ma lei forse è qui perché scrivo per Il Napolista?», fa cenno di sì, con la testa. «Vede, io però, faccio una rubrica, che prevede che non guardi la partita, figuriamoci se leggo i giornali; ma ho capito che questo non farà sì che li si alzi e se ne vada, mi dica tutto».
Si muove continuamente sulla sedia come se fosse imbarazzato o agitato. Mi sta venendo voglia di abboffarlo di mazzate, ma sorrido. Gli chiedo se vuole bere qualcosa e ordino due caffè (lo prende decaffeinato, poi dice che uno non deve giudicare dalle apparenze), finalmente parla, mi concentro e mi prometto di non sbadigliare.
«Guardi, è vero, noi non vogliamo rinnovare, ma rispetteremo il contratto, del resto chi vuole che spenda 94 milioni? Forse il Psg potrebbe. Parigi è Parigi, ma calcisticamente il campionato francese è una schifezza, potrei giocarci anche io, non posso fare perdere tempo a Gonzalo laggiù. Il City, forse, ma Guardiola non ce lo vedo con Gonzalo, e poi mio fratello adora Sarri, starebbe con Sarri tutta la carriera. Potesse, passerebbe le vacanze con Sarri e famiglia. Gonzalo è così, si affeziona. E vengo al punto».
E jamme bell’, penso, e penso pure ca’ chist’ me pare nu scem’, ma non nel senso di persona poco intelligente, ma proprio nel senso che intendiamo a Napoli, quando diciamo: “Ma chist’ è proprio scem’” che vuol dire qualcosa di più della sola mancanza d’intelletto.
«Non c’entrano le altre squadre, non c’entra il fatto che De Laurentis non abbia rinforzato la squadra in questi anni. Non c’entra la città: Gonzalo adora Napoli, si sente un po’ napoletano. Si sente amato e rispettato. Ma ci sono ragioni familiari più grandi di qualsiasi cosa. Guardi, noi abbiamo messo in conto che soffriremo di nostalgia: la pizza di Starita, la mozzarella di Bufala, le frolle di Attanasio, quelle passeggiate notturne che significano qualcosa solo a Napoli o a Buenos Aires. Tutto questo ci mancherà moltissimo. Lei, però, deve capire, lei è l’unico che può spiegare».
Embè, io a questo lo abboffo di mazzate. Ma che va truvanne? Si è tolto la giacca, si è slacciato la cravatta, gesticola come un pazzo. Ma prenditi uno Xanax, fatti una canna, fidanzati, ma lievet’ a tuorn’ a me. Penso tutte queste cose mentre gli sorrido. «Continui, la prego».
«Noi davvero non vorremmo andarcene da Napoli, e infatti rispetteremo il contratto, Gonzalo farà un altro grandissimo campionato. Saremo, però, malinconici, perché io ho un problema e soffro, e se io soffro pure Gonzalo sta male, è per questo che mi accontenterà. Vede, io nell’ultimo anno sono stato malissimo, come se mi avesse lasciato la fidanzata, come se il mio più caro amico non mi parlasse più, come se il controllore mi acchiappasse senza biglietto sul 140. Gonzalo tornava a casa la sera, magari aveva fatto una doppietta, e mi trovava sul divano, con un plaid, rannicchiato e in lacrime. La verità è questa ed è una soltanto: a me mancano mostruosamente le grigliate di Britos. Ecco, l’ho detto. Mi perdoni, perdonatemi tutti».
Ma tu vir’ a chist’.
«Su, non faccia così, siamo in un luogo pubblico. La soluzione la troviamo. È chiaro che far tornare Britos è troppo complicato, insomma si è rifatto una vita, ha un nuovo barbecue (in Inghilterra non conoscono il termine fornacella), secondo me questa strada non è percorribile. Si trasferisca in Inghilterra, lei, solo lei, pensi che bello. La domenica Gonzalo segna due o tre gol, prende un volo per Londra e il lunedì, tutti i lunedì, lei e Britos gli preparate la carne alla brace. O no?».
«Lei è un genio, potrebbe essere una soluzione, poi l’Inghilterra mi piace. Sì, si può fare. Resta, però, il problema Champions, in quelle settimane Gonzalo non potrà venire.»
«Quei lunedì ubriacatevi da soli e non scassate la uallera. Qua stanno i soldi per i caffè, Arrivederci.»