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Reja: «Sarri bravo, ma ha un grande Napoli». E i ricordi di Pasolini

Reja: «Sarri bravo, ma ha un grande Napoli». E i ricordi di Pasolini

«A volte penso di aver fatto “gavetta” fino a 58 anni. Prima ero stato un buon allenatore di B, poi è arrivata la chiamata del Napoli in C1 e quello è stato un bagno di popolarità che non si asciugherà mai». Mentre festeggia le mille panchine in carriera (traguardo raggiunto domenica scorsa a Marassi con la sua Atalanta), Edy Reja non dimentica il Napoli, ammettendo che l’esperienza azzurra è stata quella decisiva per dare la svolta alla sua carriera.

«A Napoli per simpatia vengo subito dopo Maradona e forse me la gioco con Higuain per il secondo posto», dice scherzando (ma non troppo) a Massimiliano Castellani in una bella intervista pubblicata da “Avvenire”. «Non lo dico io ma i Napoletani. Quando ho riportato la squadra in Europa dalla C1 mi hanno detto: “Edy, ci hai ridato dignità”».

Il tecnico goriziano rivendica con orgoglio i risultati raggiunti con quel Napoli, che non era certo quello di adesso: «Certo, Sarri è stato bravo quest’anno, ma che Napoli ha? Io in attacco avevo Zalayeta e Lavezzi, che quando è arrivato era più largo che alto. Ho allenato l’Hamsik 19enne perciò permettetemi di chiedermi: ma con questo Napoli dove sarei potuto arrivare?».

Domanda retorica che probabilmente non avrà mai una risposta, ma Reja, superata la soglia dei 70 anni, ci tiene a sottolineare quanto sia stato bravo come allenatore: «Non ho mai smesso di aggiornarmi, andando in giro per l’Europa. E lo stesso vale per un altro senior come me, Giampiero Ventura, che sarebbe un ottimo ct per la Nazionale. Nell’aggiornare le conoscenze credo stia il segreto della nostra durata rispetto a tanti allenatori-ragazzini che pensano di sapere tutto e che il mondo sia ai loro piedi solo perché sono giovani. Molti di loro poi sono nati vecchi».

Bum! Un Reja così schietto non ce lo ricordavamo nemmeno noi. Un passaggio anche sul suo rapporto di odio-amore con il presidente De Laurentiis e sul famoso episodio del litigio negli spogliatoi: «Ora sa anche di calcio, ma appena prese la società no, per questo siamo quasi arrivati alle mani, ma da gentiluomini ci siamo subito spiegati e il giorno che sono andato via dal Napoli (in realtà fu esonerato, nda) mi ha detto: “Per lei Reja qua la porta sarà sempre aperta”. Non sono frasi di circostanza, ci sentiamo ancora spesso».

Il tecnico dell’Atalanta rivendica di aver presentato al grande calcio Luca Toni («il miglior attaccante italiano spalle alla porta»), ma per lui il più bravo che ha allenato resta l’ormai ex laziale Klose: «Un fuoriclasse. Un atleta da studiare nelle scuole calcio per comportamento, educazione e senso tattico. Se avessi avuto Miro nel finale di campionato 2012 forse sarei andato in Champions. Ma va bene così, vorrà dire che prima di smettere allenerò una squadra che mi farà ascoltare la musichetta della Champions».

Infine, un ricordo inaspettato, personale, che ha a che fare con due grandi del Novecento: Pier Paolo Pasolini e Ayrton Senna: «Mai conosciuto un intellettuale più sportivo e più colto di Pasolini. Era molto bravo a calcio, un’ala veloce, sgusciante. Con Senna ero amico, veniva ad allenarsi con me quando ero al Pescara. Il giorno prima dell’incidente avevamo pranzato insieme a Imola e, tra un pezzo di formaggio e un’insalata, si lamentava della Williams che non andava. Ho saputo della sua morte alla radio mentre viaggiavo e ho dovuto fermare la macchina».

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