E se il Chievo non fosse più il Chievo? La squadra che sabato arriverà al San Paolo ha un allenatore fatto in casa, Rolando Maran. Nove stagioni, da giocatore, con i gialloblù. Intervistato da Rivista Undici, ha parlato così della sua squadra edizione 2015/2016: «Stiamo facendo un calcio propositivo. A me piace l’aspetto offensivo, voglio che la squadra sia artefice della prestazione. Chiedo aggressitivà. L’approccio deve essere forte, per esaltare le qualità. Più in alto recuperiamo palla, meno spazio dobbiamo percorrere. Giochiamo di intensità. Poche pause. Solo per bere».
I risultati sono cambiati, come l’atteggiemento: decimo posto a pari punti con l’altra (ex) rivelazione Empoli, 11 punti di vantaggio sulla zona retrocessione e, soprattutto, numeri da squadra sbarazzina in relazione ai gol fatti e subiti. Nessun pullman, tanto per capirci: 32 reti fatte e 36 subite in 27 giornate. Quest’anno, col Chievo, si gioca a calcio perché il Chievo gioca a calcio.
Un anno e mezzo esatto di cura Maran (l’ex tecnico di Catania e Varese è stato assunto nell’ottobre del 2014 in sostituzione di Eugenio Corini) ha permesso ai clivensi di cambiare fisionomia, di adattarsi a un gioco meno attendista. Certo, nessun volo pindarico nei cieli dell’estetica o della qualità a tutti i costi, ma anche un modulo che non rinuncia mai alla difesa a quattro e che qualche volta si permette pure il lusso di un tridente vero, à la Napoli. È il caso, ad esempio, dell’ultimo match vinto in casa col Genoa: l’eterno Pellissier centravanti, i folletti M’Poku e Birsa a sostegno e l’incursore Lucas Castro nel centrocampo a tre insieme a Radovanovic e Rigoni. Parlare del modulo e delle varie soluzioni ci ha permesso di capire anche la buona qualità di un organico che, in Serie A, non fa certo brutta figura. I nomi di cui sopra ma anche il rientrante Hetemaj, il difensore centrale Cesar e soprattutto Roberto Inglese, 24enne centravanti di stazza accostato (in gennaio) anche a un trasferimento in azzurro. Si era parlato di lui per offrire un’alternativa a Higuain che potesse avere caratteristiche diverse da Manolo Gabbiadini, dato anche un rapporto molto stretto con il direttore sportivo degli azzurri Giuntoli con cui ha vissuto a Carpi gli ultimi due anni in Serie B, quello da neopromossa (20 partite, 2 gol) e quello dell’incredibile scalata alla massima serie (26 presenze, 6 reti). Alla fine il Chievo ha deciso di puntare tutto su di lui, cedendo Paloschi allo Swansea e affidandogli una maglia da titolare. Come dire: il futuro potrebbe essere suo. Magari anche al Napoli.
All’andata, la squadra di Sarri riuscì a spuntarla nel secondo tempo grazie a un’invenzione di Higuain, uno splendido sinistro in corsa su cross basso di Ghoulam. Il resto della partita fu comunque a favore della squadra di Sarri che viveva probabilmente il suo miglior periodo a livello di gioco: 18 tiri a 7 per gli azzurri, 14 chance create a 5 e le solite percentuali barceloniste di possesso palla (63% contro 37%). Eppure, nonostante il predominio, fu difficile comunque e finì solo 0-1. Nel frattempo, il Chievo ha guadagnato coesione e autostima, finendo per affermare questa sua nuova mentalità aggressiva, fisica, mai rinunciataria a prescindere: sono la seconda miglior squadra del campionato per numero di duelli aerei vinti (17,1 per match) e la migliore per numero di fuorigioco provocati agli avversari, 3,3 a partita.
Fisicità, difesa alta, pressione continua. E mettici pure la mente sgombra di chi, a inizio marzo, ha già praticamente ipotecato la salvezza e viene al San Paolo a giocarsela e basta. Nell’intervista a Maran con cui abbiamo aperto il pezzo, lo stesso allenatore dice che «l’annata ci sta riservando delle gioie. Parti con l’obiettivo di salvarti, è il tuo scudetto. Siamo rimasti lontani da quel tipo di classifica, siamo orgogliosi». Loro hanno già vinto il loro scudetto, verranno a Fuorigrotta per divertirsi. Non sarà facile, visti anche i precedenti non proprio benaguranti, con l’ultima vittoria che risale alla stagione 2012/2013 e un pareggio (all’89esimo con gol di Albiol) e una sconfitta negli ultimi due campionati. Stavolta sarà diverso perché il Chievo è diverso. Non verrà a difendersi, o meglio non solo. Perchè questa è una squadra che corre, e quindi non ci saranno pause. Solo per bere.