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Il calcio polacco e la cura Boniek alle prese con antisemitismo e xenofobia

Il tifoso che lanciò un coltellino sulla testa di Dino Baggio prima finì in carcere e poi fu premiato dal club con un incarico manageriale nella palestra della società

Il calcio polacco e la cura Boniek alle prese con antisemitismo e xenofobia
Roma 19/09/2013 - Europa League / Lazio-Legia Varsavia / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Jan Urban

Un compito ingrato quello affidato a Zbigniew Boniek eletto alla presidenza della Federazione calcistica polacca (Pzpn) tre anni fa. Ma davvero era più facile fare il “Bello di notte” con i tacchetti ai piedi alla corte degli Agnelli negli anni Ottanta? Guardando allo stato attuale dell’Ekstraklasa, il massimo campionato nazionale, la risposta sembrerebbe proprio di sì.

Il cortigiano juventino aveva saputo farsi anche ribelle durante l’incidente all’aeroporto di Okecie avvenuto nel novembre 1980, a pochi mesi dalla nascita di Solidarnosc, il primo sindacato libero in un paese del blocco socialista. Era all’anno in la società polacca si era insubordinata tout court al potere comunista al di là di ogni differenza di classe. Un anno dopo la giunta militare del generale Jaruzelski avrebbe imposto la legge marziale a Varsavia.

In quell’occasione, Boniek si era messo alla testa dei suoi compagni per protestare contro una punizione inflitta al portiere Jozef Mlynarczyk, escluso dalla lista dei giocatori in partenza per un match di qualificazione a Malta, a causa di una sbronza la notte prima di fare le valigie. L’esito fu una piccola vittoria per i calciatori che avevano minacciato di non salire sull’aereo per manifestare la propria solidarietà a Mlynarczyk.

Poi sarebbe arrivata la sua prima udienza in Vaticano insieme ai soliti compagni di squadra alla vigilia dei Mondiali di Spagna del 1982. Allora Boniek ebbe l’impudenza di chiedere a Papa Wojtyla: «Santo Padre, non è per caso che può dire una preghiera per noi, così magari vinciamo il titolo?». Serena ma secca fu la risposta di Giovanni Paolo II: «Caro Boniek, guardi che Dio con il calcio non c’entra niente». Una preghiera comunque non del tutto esaudita, visto che la Polonia arrivò terza dopo aver sconfitto l’arcinemico sovietico nella seconda fase a gruppi.

È un Boniek molto diverso quello di adesso più vicino allo zeigeist del partito populista anti-europeista di destra Giustizia e libertà (PiS), fondato dai gemelli Kaczynski, e trionfatore delle elezioni parlamentari dello scorso ottobre. Lui che adesso vorrebbe una nazionale solo per chi è nato in Polonia, come aveva avuto modo di dichiarare poche settimane fa, alla vigilia del match di ritorno dei Viola con il Lech Poznan. Dell’accoglienza dei profughi nel suo paese, neanche a parlarne. Chissà come il “Bello di notte” avrebbe reagito alla sentenza Bosman se fosse stato ancora in attività negli Novanta.

Sono ben altre adesso le priorità dell’ex centrocampista juventino. Da un lato, il compito di risollevare le sorti dell’Ekstraklasa, promuovendo la crescita di nuovi talenti dopo decenni di stagnazione e scandali che avevano raggiunto il proprio culmine a pochi mesi di distanza dagli Europei co-ospitati da Varsavia. Una missione quasi impossibile affidata alla società di consulenza calcistica belga Double Pass, capace di risollevare il destino del calcio giocato in patria, ma anche in Bundesliga dopo la debacle tedesca a Euro 2000.

Dall’altro, il dovere morale di contribuire a purgare il calcio polacco dagli atteggiamenti antisemiti e xenofobi che continuano a imperversare dagli anni dello scoglimento del patto di Varsavia. Durante il comunismo non volava una mosca sugli spalti: la maggior parte delle cariche nei club erano infatti affidate ai militari inclusi i membri della polizia paramilitare Zomo. Jerzy Gruba, per esempio, che era stato l’ultimo presidente del Wisla prima dell’avvento del capitalismo aveva contribuito alla pacificazione della miniera di carbone «Wujek» repressa nel sangue dagli Zomo.

Una situazione che sembra ormai essere degenerata, complici anche gli organi preposti alle indagini. Sono stati aperti pochissimi fascicoli nei confronti del tifo organizzato negli ultimi 25 anni e tutti continuano a chiudere un occhio. A volte a perdonare sono invece altri vedi l’Uefa che ha tolto la squalifica di due anni inflitta ai tifosi Lech Poznan per cori razzisti durante la partita con il Basilea. Tutto il mondo è paese. C’è chi inneggia al Vesuvio, e chi, invece, ai forni crematori di Auschwitz.

A Napoli sono attesi 800 ultras in partenza dalla capitale polacca, a pochi mesi dalla trasferta solitaria di quel tifoso che aveva imbrattato i muri del San Paolo con lo slogan “Legia Varsavia on tour“, dopo essere entrato indisturbato nello stadio. Eppure, che piaccia o meno, i tifosi del Legia Varsavia, gemellati con la Juventus, non sono certamente quelli a godere di peggiore fama nel proprio paese.

I tifosi delle due squadre di Cracovia sono esclusi dalle cosiddette “ustawki”, i regolamenti di conti organizzati lontano dai campi di gioco dagli ultras rivali a poche ore dalle partite. Il motivo è semplice: i tifosi del Cracovia e del Wisla sono temuti da tutti i teppisti da stadio nel resto del paese perché non saprebbero rinunciare all’utilizzo di coltelli vietati durante le “ustawki”.

Qualcuno avrà forse dimenticato il coltellino volato sulla testa di Dino Baggio dagli spalti del Wisla durante i sedicesimi di Coppa Uefa nel 1999? Uscito dal carcere, l’autore del gesto Pawel M. detto “Misiek”, che in polacco significa “orsacchiotto”, sarebbe stato premiato dalla dirigenza del club con un incarico manageriale nella palestra del club prima di tornare in gattabuia.

Il luogo coinvolto nell’ospitalità è un luogo che non appartiene originariamente né all’ospite né all’invitato per dirla in termini derridiani. Non è un caso che lo Stadio San Paolo non sia di proprietà del Calcio Napoli. Ironia a parte, si tratta di uno spazio “Altro”, luogo indefinito di una transizione tra la squadra ospitante e quella in transferta. Sempre meglio comunque accogliere ed essere accolti a mani nude piuttosto che armati.

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