Ci vorrebbe un Mister Sarri in ogni casa in cui vivono ragazzini o adolescenti. Anzi, quando avrò difficoltà con mio figlio, ho deciso, chiamerò Sarri e gli chiederò di trascorrere un paio di giorni da noi. Altro che “SOS Tata”. L’uomo Italsider, con occhiali da nerd e tuta, dal curriculum promettente ma modesto, che sulle prime è apparso a molti come una scelta mirata della società, quella di mantenere un profilo basso, per poi eventualmente ricavare qualche soddisfazione gratis, ha ormai travalicato gli argini di ogni possibile previsione. E chi continua a pensare che sia semplicemente la sua umiltà a fare risultato si sbaglia di grosso, ma proprio di grosso.
Ricordo cosa leggevo e sentivo un po’ ovunque ad inizio stagione: il succo era che se questo nuovo mister fosse riuscito a prendere meno gol del suo predecessore, già lo si poteva considerare di successo. E invece partite dai numeri stellari, con un gioco al di là del quale si riconosce il ragionamento, la competenza, le idee. Con avversari prime donne, ma anche con il Chievo. Con la squadra, la squadretta, insomma con quelli lì che però si chiudono e non ci fanno giocare. Domenica sera Sarri ha sconfitto l’ultimo ingrippo mentale quasi mai supportato da motivazioni legate alla realtà di gioco. E per quanto mi riguarda, è stato il primo Chievo-Napoli che ho seguito tranquilla, persino seduta sul divano, senza nemmeno attorcigliare le dita.
Sarri sta dimostrando di saper incidere in maniera determinante sull’atteggiamento dei suoi ragazzi. Si comportano come campioni navigati, sempre compatti, come in un ingranaggio perfetto. C’è alchimia e se c’è alchimia c’è uno mago dietro il pentolone.
Qual è davvero la “ricetta” di Sarri? Si può davvero pensare che per ottenere la pozione magica si sia limitato a mescolare modestia e umiltà a competenza tecnica? Io credo di no, quest’uomo deve avere un segreto. Il mio sospetto è stato confermato da una frase che lui stesso ha pronunciato già dopo Milan- Napoli: “sta andando tutto bene, i miei ragazzi si divertono”.
Qualche bontempone la fa facile: si divertono perché vincono. A costo di essere smentita, non credo che sia questo il caso. Io vedo che da un lato sembra scomparsa l’ossessione per gli applausi, dall’altro i suoi ragazzi sembra abbiano acquisito la misura delle proprie qualità. E quindi direi più che vincono divertendosi.
Prendiamo ad esempio Higuain e Insigne: due giocatori così diversi e così simili nel loro rapporto con allenatore e curve. Sempre alla ricerca dell’approvazione, insicuri, a volte (soprattutto Higuain) inspiegabilmente, o comunque poco sorridenti, penzoloni tra esaltazione e scoraggiamento (entrambe le posizioni piuttosto scomode).
Le frustrazioni di Insigne ora sembrano un lontano ricordo. Lorenzo gioca a sfaccimmiello. Andatevi a riguardare il primo piano della sua espressione prima della famosa punizione contro il Milan. Lorenzo non è più fermo all’idea di dover segnare. E segna. Fa né più né meno quello che ci si aspettava da lui da sempre: non fa più la promessa, si comporta da campione.
Higuain ha completamente cambiato faccia. Non si atteggia più a bello e tenebroso, che deve averla sempre vinta sennò mette il muso e che si adombra un po’ pure se fa gol. E se pure il viso rilassato di Gonzalo dipendesse da mister Sarri? Vuoi vedere che il suo metodo lo ha reso quello che in psicologia viene definito un “uomo libero”? La dice lunga la sua espressione quando abbraccia Sarri a fine partita Milan Napoli. E ancor di più le sue parole di ieri ai microfoni di Premium: “Sì questo mister sa arrivare alla mente dei giocatori”.
Jorginho, che dire di lui, il metallo che si trasforma in oro (per usare una metafora alchimistica), l’asino in mezzo ai suoni che diventa puledro. Ve le ricordate le mosse di fegato quando entrava in campo Jorginho? Su questo, però, incrocerei le dita e chiuderei l’argomento.
Su Hamsik non mi pronuncio, credo che il mister ci stia ancora lavorando.
Insomma, Sarri, al di là delle competenze tecniche, sembra abbia attinto a piene mani dai libri di psicologia dell’educazione, e sembra anche uno che ha pure pratica dell’argomento. Altro che modestia. Altro che umiltà. È un educatore incredibile. È l’uomo che crea armonia, che esalta ed inquadra le individualità, che smussa gli angoli.
Finalmente i giocatori si abbracciano e si divertono. E si divertono e ridono pure i tifosi affetti da pessimismo cosmico. Salvo consumarsi i pantaloni quando si sente parlare di scudetto.
Alessandra Buono