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Gli occhi di Higuain in una pizzetteria di Parigi

Gli occhi di Higuain in una pizzetteria di Parigi

“Ama la vita più della sua stessa logica, solo allora ne capirai il senso”

Fëdor Dostoevskij

Perdere è fallire, fallire è ritrovarsi tutta la strada alle spalle e il baratro davanti, fallire è disperazione e io questo sentimento subdolo l’ho provato.

Sì, è subdolo, perché si presenta sempre come una scelta, perché qualcosa davanti c’è, ma ci sembra di non essere in grado di afferrarlo, di proseguire e lasciarci tutto alle spalle.

Potevo laurearmi, ma non ci sono riuscito, potevo lavorare con lo zio, col cugino, col compare, ma l’immobilità sarebbe rimasta tale. Sono andato via e ho porto l’altra guancia al destino beffardo: sono un celiaco napoletano che si guadagna il pane tagliando pizze a Parigi. E’ concesso a chiunque ridere, non mi offenderò.

Il mio cognome è Virgilio e il responsabile della pizzeria in cui lavoro si chiama Paride, un ragazzo di Palermo che dopo quattro anni passati a insegnare climbing a Londra si è trovato due anni e mezzo fa nella capitale francese a tagliare pizze quadrate al gusto di pesto. Avete smesso di ridere?

Quando impacchetto le pizze, con una media di cento clienti l’ora, Paride mi tallona, mi dice di sbrigarmi, di stare concentrato, di non demordere, la serata finirà. 

Mi secuta con i suoi “Miiiii, fai presto!” e io vorrei girarmi e lanciargli la pizza addosso e mi chiedo sempre: perché non lo faccio?

Perché Paride mi ha insegnato che anche tagliare le pizze è un lavoro, che richiede disciplina, che bisogna imparare, che non si deve perdere la calma tra trenta persone che ti chiedono di essere servite, che attendono che tu chiuda il pacchetto, una bevanda, un fazzoletto, di riscaldare, raffreddare, caricare casse di vino, lattine, bottiglie di tutte le dimensioni, fazzoletti, vassoi, sedie e tavoli. Paride crede nel suo lavoro e me lo insegna.

Nel pieno del delirio mi ci sono trovato anche dopo Roma – Napoli. Avevo il morale a terra e un francese mi chiedeva di incartargli una teglia intera di margherita, riscaldata e tagliata solo per metà.

Dopo quella maledetta partita, quando la furia dei mangiatori di pizza era diventata asfissiante, ho cercato il modo di tenere duro, di non fallire di nuovo, di non cedere a quella orribile domanda che mi pongo tutto i giorni: taglierò pizze al tonno tutta la vita?

Qualche minuto prima della fine della partita, Higuaìn è stato sostituito; un cameraman qualunque l’ha inquadrato, si è fermato qualche secondo sui suoi occhi, sulla sua rabbia, sulla sua frustrazione. 

Quegli occhi mi sono venuti in mente, mentre con spatola e coltello tiravo fuori la pizza dal forno, mentre le mani si scottavano ovunque e migliaia di fastidiosissime scintille mi trapanavano il cervello. Ho pensato al Pipita che entrava negli spogliatoi, che sbatteva i pugni sul suo armadietto, tutta Napoli sulle spalle, nessuno dei gol passati sarebbero bastati a colmare la porta vuota di quella sera; un calcio al borsone e si è lasciato cadere sulla panca, ha alzato gli occhi e lì c’erano i suoi compagni. Cosa gli ha detto? Ha mantenuto quegli occhi così insoliti per il suo sorriso argentino di nome e di fatto? 

Non lo so, ma quegli occhi mi hanno insegnato a non demordere, a continuare, a tagliare pizze finché avrò forza, a seguire Paride e le sue bestemmie palermitane: “André il peggio sarà dire a quelli a casa cosa fai per vivere, fidati, so’ tutti bravi a dirti basta che lavori”.

Io lo capisco Paride, forse per questo ha gli occhi di Higuaìn, forse per questo è arrabbiato, perché suda tra due forni a duecento gradi, perché quando ha provato a lavorare nella sua città è dovuto scappare, perché crede in quello che fa, nella sua capacità di riuscire.

Ama la vita più della sua stessa logica.

Il Napoli è molto importante per me e ora è in crisi, ma vi prego, mentre taglierò pizze dai sapori non napoletani, sostenete i miei beniamini, sostenete quello sguardo, fate che non scelga alla fine la disperazione.

Fate come Paride, che taglia pizze da due anni e mezzo, prendetevi sulle spalle quello sguardo che brucia, che vuole farcela e che non vuole scegliere l’immobilità, non vuole decidere che davanti ha solo il nulla.

Corrucciati, arrabbiati, urlate anche per me, il Napoli lo merita.

Spalla a spalla.
Andrea Virgilio 

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